CONDOMINIO – Art. 1129 c.c. comma XIV e comma VIII (compenso dell’amministratore)

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LA NORMA:

Articolo 1129 Codice Civile – Nomina, revoca ed obblighi dell’amministratorecomma
L’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta.XIV
Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.VIII

LA GIURISPRUDENZA:

– requisiti per la costituzione di un valido contratto di amministrazione condominiale

Cassazione civile sez. VI 22/04/2022 n. 12927
dalla motivazione: La nomina dell’amministratore di condominio rientra fra le attribuzioni deliberative dell’assemblea (art. 1129 c.c., comma 1, e art. 1136 c.c., comma 4). La fattispecie della nomina assembleare dell’amministratore di condominio, a seguito della Riforma introdotta con la L. n. 220 del 2012, si struttura, in particolare, come scambio di proposta ed accettazione, secondo quanto si desume altrettanto testualmente dal medesimo art. 1129 c.c., commi 2 e 14, nonché dall’art. 1130, n. 7, c.c., il quale dispone che la nomina dell’amministratore deve essere annotata in apposito registro. Più in generale, dall’art. 1130 c.c., n. 7, e dall’art. 1136 c.c., u.c. si evince che la delibera di nomina dell’amministratore ed il correlato contratto di amministrazione debbano avere anche forma scritta (arg. da Cass. Sez. Unite, 30/12/1999, n. 943). L’art. 1129 c.c., comma 14, prescrive, in particolare, che “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”. La “nullità della nomina”, ove non sia specificato l’importo del compenso, che è alla base del generale principio di predeterminazione onnicomprensiva dello stesso, e’, dunque, una nullità “testuale”, in quanto è stabilita dalla legge. Di tale fattispecie legale di nullità, peraltro non direttamente sancita per la deliberazione assembleare, si dà atto in motivazione anche nella sentenza delle Sezioni Unite 14 aprile 2021, n. 9839. Al fine della costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, ai sensi dell’art. 1129 c.c., il requisito formale della nomina sussiste, dunque, in presenza di un documento, approvato dall’assemblea, che rechi, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale della analitica specificazione dell’importo dovuto a titolo di compenso, specificazione che non può invece ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto.
principio di diritto: agli effetti dell’art. 1129 c.c., comma 14, il quale prevede la nullità testuale della nomina dell’amministratore di condominio ove non sia specificato l’importo dovuto a titolo di compenso, per la costituzione di un valido contratto di amministrazione condominiale occorre accertare la sussistenza di un documento, approvato dall’assemblea, recante, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l’elemento essenziale della analitica determinazione del corrispettivo, che non può ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto.

– credito per compenso e approvazione rendiconto

Cassazione civile sez. II 21/06/2023, n. 17713, dalla motivazione: Premesso che alla fattispecie non è applicabile, ratione temporis, la disciplina del condominio negli edifici come introdotta con la L. 11/12/2012 n. 220, deve dunque considerarsi che comunque, anche ai sensi dei n. 2 e 3 dell’art. 1135 c.c. nella formulazione vigente all’epoca dei fatti per cui è giudizio, il compenso dell’amministratore del condominio, costituendo una spesa a carico del condominio, era una voce del relativo bilancio che necessitava di approvazione in sede di deliberazione concernente il consuntivo spese. Nella specie, dunque, è incontestato tra le parti, attesa la pendenza del giudizio conclusosi in primo grado con la sentenza del Tribunale di Roma del 16 luglio 2015, che i rendiconti annuali di gestione a cui l’amministratore era tenuto ex comma II dell’art. 1130 c.c. vigente all’epoca, per entrambi gli anni di incarico, non sono stati approvati perché sono state riscontrate irregolarità di registrazione di alcune voci. Conseguentemente, con la sua prima ratio decidendi, in sé già sufficiente, la Corte ha fondatamente escluso il diritto al compenso dell’amministratrice P.V. perché il credito non era munito del necessario requisito di liquidità ed esigibilità in mancanza di regolare approvazione del rendiconto di gestione relativo agli anni in cui è maturato. Così decidendo la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi consolidati in materia, secondo cui il contratto tipico di amministrazione di condominio è comunque riconducibile ad un rapporto di mandato presumibilmente oneroso (v. Cass. Sez. Un. 29/10/2004, n. 20957) e il diritto del mandatario al compenso e al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale (Sez. 2, Sentenza n. 1429 del 08/03/1979; Sez. 3, Sentenza n. 3596 del 28/04/1990); proprio le specifiche norme dettate in materia di condominio, poi, prevedono che l’assemblea sia esclusivamente competente alla previsione e ratifica delle spese condominiali, sicché in mancanza di un rendiconto approvato il credito dell’amministratore non può ritenersi né liquido né esigibile (Sez. 2, Sentenza n. 14197 del 2011; Sez. 2 -, Ordinanza n. 7874 del 19/03/2021).

– attività connesse e indispensabili all’incarico

Cassazione civile sez. II 30/09/2013 n. 22313, dalla motivazione: in tema di condominio, l’attività dell’amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale e non deve, pertanto, essere retribuita a parte (Cass. n. 3596/2003; n. 1024/2010). Peraltro, come già affermato con la sentenza impugnata, non opera, ai fini del riconoscimento di un compenso suppletivo, in mancanza di una specifica delibera condominiale, la presunta onerosità del mandato allorchè, come nel caso in esame, è stabilito un compenso forfettari a favore dell’amministratore, spettando comunque all’assemblea condominiale il compito generale di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore che, quindi, non può esigere neppure il rimborso di spese da lui anticipate non potendo il relativo credito considerarsi liquido ed esigibile senza un preventivo controllo da parte dell’assemblea (Cass. n. 14197/2011).

– competenza dell’assemblea a riconosce un compenso ulteriore mediante specifica delibera

Cassazione civile sez. II 02/03/2018 n.5014, dalla motivazione: è pur vero che questa Corte ha avuto modo di precisare che (cfr. Cass. n. 10204/2010) l’attività dell’amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato con rappresentanza – le cui norme sono applicabili nei rapporti con i condomini, deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale e non deve, perciò, essere retribuita a parte (conf. Cass. n. 3596/2003, richiamata anche dalla difesa della ricorrente), ma trattasi di principi che non attengono alla diversa ipotesi, qui ricorrente, in cui un compenso straordinario non sia preteso in maniera unilaterale dall’amministratore, ma sia stato oggetto di un’espressa delibera da parte dell’assemblea. In tal senso valga il richiamo a Cass. n. 22313/2013 (non massimata) che, proprio facendo riferimento ai precedenti sopra indicati, ha per converso precisato che gli stessi appaiono correttamente applicabili alle ipotesi in cui manchi una specifica delibera condominiale che abbia invece ritenuto di dover autonomamente remunerare l’attività straordinaria dell’amministratore, non ravvisando sufficiente il compenso forfettario in precedenza accordato. La sentenza di appello ha fatto corretta applicazione di tale principio avendo per l’appunto ribadito che rientra nelle competenze dell’assemblea ex art. 1135 c.c. anche quella di riconoscere un compenso straordinario all’amministratore, costituendo oggetto di una valutazione esclusivamente riservata all’organo assembleare, la cui decisione non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità, dovendosi escludere quindi anche la ricorrenza del denunciato vizio della motivazione (tale modus operandi va ritenuto sicuramente conforme a legge in relazione alla fattispecie in esame, sviluppatasi in epoca anteriore alla riforma di cui alla L. n. 220 del 2012, dovendosi in relazione al novellato testo dell’art. 1129 c.c., tenere in debita considerazione la previsione che impone all’amministratore all’atto dell’accettazione della nomina, di dovere analiticamente specificare, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso, ben potendosi ipotizzare che in tale indicazione debbano includersi anche i compensi legati all’esecuzione di eventuali attività straordinarie).

– contestazione della determinazione del compenso dell’amministratore da parte dell’assemblea siccome eccessiva, sproporzionata ed irragionevole

Cassazione civile sez. II 16/03/2023 n.7615, dalla motivazione: Il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1129,1709,1720,1123, e 1135 c.c. e 112 c.p.c., censura la decisione impugnata per avere ritenuto non sindacabile la delibera impugnata in quanto frutto della discrezionalità di merito dell’assemblea, senza considerare e valutare il vizio di eccesso di potere denunziato dagli attori, per essere stato il compenso dell’amministratore previsto in misura del tutto abnorme, irragionevole e sproporzionata. Si assume inoltre che il riconoscimento, ad opera della delibera, di uno specifico compenso in capo all’amministratore ed a carico dei singoli condomini per attività dagli stessi provocate introduce un criterio di ripartizione delle spese derogativo di quello legale, fondato sulle quote di proprietà, ed incide inammissibilmente sui diritti individuali dei condomini. Il motivo è fondato. L’impugnativa della delibera assembleare per vizio di eccesso di potere, vizio che si caratterizza per il perseguimento da parte della maggioranza di interessi non aderenti a quelli del condominio e vantaggiosi solo per alcuni dei partecipanti o di terzi, impone al giudice di verificare se la volontà assembleare si sia formata per finalità estranee al condominio, deviando dall’interesse della compagine condominiale, arrecando pregiudizio ai suoi partecipanti. In particolare, nel caso in cui alcuni condomini contestino come eccessiva, sproporzionata ed irragionevole la determinazione del compenso dell’amministratore da parte dell’assemblea, il giudice non può limitarsi a ricondurre la determinazione adottata nell’ambito della discrezionalità di merito spettate all’organo deliberativo, ma deve valutare, sulla base degli elementi di prova o indicazioni offerti dalle parti, in ordine, ad esempio, ai parametri di mercato in vigore per condominii di analoghe dimensioni, se, nel determinare la misura del compenso, la delibera abbia effettivamente perseguito l’interesse dei partecipanti del condominio ovvero sia stata ispirata dall’intento di recare vantaggi all’amministratore in carica (Cass. n. 15492 del 2007, a proposito della delibera determinativa del compenso di amministratore di società). Occorre aggiungere che nel caso di specie i condomini impugnanti avevano contestato non solo l’ammontare del compenso, ma anche i meccanismi della sua determinazione in relazione a singole prestazioni dell’amministratore, denunziandone la illegittimità e sproporzionalità a loro danno. La legittimità della delibera avrebbe dovuto pertanto essere esaminata anche sotto tale aspetto. Entrambi i profili non sono stati invece oggetto di valutazione da parte della Corte territoriale, che si è limitata ad un giudizio sommario e generico in ordine alla non arbitrarietà e dannosità del deliberato.

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