CONDOMINIO – Cassazione Civile sez. II 19.3.24 n. 7260 – Sulla attestazione rilasciata dall’Amministratore di Condominio relativamente allo stato dei pagamenti degli oneri e alle eventuali liti in corso

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La pronuncia merita di essere segnalata, essendo tra le poche che, sinora, risultano aver trattato l’argomento della attestazione che viene rilasciata dall’Amministratore di Condominio sulla situazione dei pagamenti e sulle eventuali liti.

Si tratta di una attribuzione dell’Amministratore di Condominio espressamente introdotta dalla riforma di cui alla L. 220/12: essa infatti ha modificato l’art. 1130 c.c. aggiungendo, tra i doveri, anche quello (è il n. 9 dell’elenco) appunto di fornire al condòmino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso.

Si faceva questione della responsabilità solidale a carico dell’acquirente in caso di trasferimento della proprietà sull’unità (nel caso di specie l’acquisto era avvenuto in in dipendenza di aggiudicazione forzata conseguente a procedura esecutiva, ma ciò non sposta le questioni), che come noto trova fondamento nell’art. 63 d.a.c.c. comma 4, in cui è appunto stabilita la regola per cui Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente (norma a cui fa pandant, venendo stabilita sempre una responsabilità solidale in caso di trasferimento della proprietà sull’unità, ma a carico dell’alienante, quella, nello stesso articolo al comma 5, in cui è stabilita l’altra regola, per cui Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto).

Gli Ermellini ricordano che tale norma pone a carico dell’acquirente un’obbligazione solidale, non “propter rem”, ma autonoma, in quanto costituita “ex novo” dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria del condominio, su cui incombe l’onere di provare l’inerenza della spesa all’anno in corso o a quello precedente al subentro dell’acquirente.

Osservano quindi che della previsione di legge sul rilascio da parte dell’Amministratore di Condominio della attestazione in oggetto, sulla situazione dei pagamenti e sulle eventuali liti, può avvalersi il condòmino acquirente.
Invero nella pratica questa attestazione viene richiesta in prossimità della stipula di un contratto di compravendita avente per oggetto unità facenti parte di condominio, allorquando l’operazione deve ancora essere perfezionata, per cui il condòmino acquirente non è ancora, giocoforza, tale.
In tale frangente, senza dubbio è legittimata a richiedere l’attestazione la parte che ha in animo la vendita (essendo ovviamente ancora condòmino), mentre desta perplessità che abbia legittimazione alla richiesta la parte che ha in animo l’acquisto (appunto non essendo ancora condòmino; anche perchè sarebbe assurdo, da un lato, se chicchessia potesse chiedere l’attestazione in questione, anche considerando ragioni di privacy sulla eventuale risultanza di situazioni debitorie, e non è agevole, dall’altro, individuare le allegazioni che devono corredare una tale richiesta da parte di soggetti che non fanno parte della compagine condominiale: può bastare dichiarare una trattativa ? occorre esibire un contratto preliminare ? il Notaio è senz’altro legittimato in ragione del suo ufficio ?).

Ciò posto, la pronuncia afferma anzitutto che la eventuale inottemperanza di tale obbligo da parte dell’amministratore costituisce grave irregolarità ai fini della eventuale revoca giudiziale, essendo ciò specificamente stabilito (art. 1129 c.c., comma 12, n. 7, laddove si menziona appunto l’inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9): i nn. 6 e 7 hanno per oggetto, rispettivamente, la tenuta del registro di anagrafe e sicurezza, e la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità; il n. 9, come detto, ha per oggetto il rilascio della attestazione di cui stiamo parlando).

La pronuncia afferma altresì, d’altro canto, che la eventuale inottemperanza di tale obbligo da parte dell’amministratore non incide sull’accertamento giudiziale della fondatezza della pretesa creditoria azionata dalla gestione condominiale: precisando, a motivazione del principio, che un tanto consegue al dato che la consegna dell’attestazione relativa allo stato dei pagamenti non costituisce presupposto per la liquidità, la esigibilità e la prova della morosità da riscuotere.
E aggiungono, al riguardo, che la previsione del dovere di fornire l’attestazione obbliga, piuttosto, l’amministratore ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea; mentre, si badi, in ogni caso non può sottrarsi al pagamento delle spese relative eccependo la mancata disamina della documentazione contabile.
Dal che si desume che l’attestazione, a ben vedere, di contro a quanto la terminologia usata per definirla farebbe ragionevolmente credere (il verbo “attestare” rimanda ad una dichiarazione resa a pena di personali responsabilità) non ha in effetti una valenza probatoria assoluta, e tantomeno una valenza liberatoria (non solo in ragione del fatto che per l’esercizio in corso il bilancio preventivo potrà naturalmente subire variazioni in sede di rendiconto consuntivo; ma anche in caso di errori, sempre possibili, di cui eventualmente potrebbe essere chiamato a rispondere l’Amministratore, ferma restando però la creditoria del Condominio corrispondente alla realtà dei dati contabili della gestione).

* * *

Civile Ord. Sez. 2 Num. 7260 Anno 2024
Presidente: CARRATO ALDO
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 19/03/2024

(omissis)

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. * ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 4903/2020 del Tribunale di Milano, pubblicata il 30 luglio 2020.
Resiste con controricorso il Condominio *.

2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4-quater, e 380-bis.1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
Non deve disporsi la riunione tra il presente giudizio di cassazione e quello contraddistinto con il n. R.G. 21488/2023. Si tratta di ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati procedimenti, senza integrale identità delle parti, e la riunione richiesta, pur attenendo a cause connesse, non garantisce l’economia ed il minor costo dei due giudizi, né favorirebbe la loro ragionevole durata.

3. La controversia concerne un’opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali per l’importo di € 4.812,37. Il Tribunale di Milano ha riformato la sentenza di primo grado solo in punto di condanna dell’opponente ex art. 96 c.p.c.; la stessa pronuncia del Giudice di pace aveva comunque revocato il decreto opposto, stante l’avvenuto pagamento dei citati contributi. L’appello era strutturato su sette motivi.

4. Il ricorso per cassazione si sviluppa in cinquantatré pagine; la particolare ampiezza di tale atto – pur non trasgredendo alcuna prescrizione formale di ammissibilità – collide con l’esigenza di chiarezza e sinteticità dettata dall’obiettivo di un processo celere, non essendo neppure proporzionale alla complessità giuridica o all’importanza economica delle fattispecie affrontate.
Nella redazione della presente ordinanza si farà perciò sintetico rinvio per relazione ai motivi ed agli argomenti contenuti negli atti di parte.

5. Il primo motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1129,1344,1362,1367,1387,1398,1414,2318 c.c., e dell’art. 75 c.p.c., ed attiene al conferimento della procura alle liti rilasciata per il decreto ingiuntivo e per la comparsa di costituzione e risposta dal socio accomandante * della società * nominata amministratrice del Condominio *.
5.1. Il Tribunale ha tuttavia ritenuto che la delibera di nomina dell’amministratore, pur indicando anche la denominazione della società, aveva investito dell’incarico un socio della Sas, ovvero lo studio arch. *.
Il ricorrente obietta che la deliberazione approvata dall’assemblea del Condominio * svoltasi il 21 novembre 2016 aveva nominato “lo studio Arch. * & c. Sas nella persona del dott. Arch. * per anni 5”. Di tal che, si sostiene nel primo motivo, occorreva “individuare la Sas come amministratore e il dott. * come mero incaricato di svolgere le <funzioni di amministrazione>”. Viene posto in risalto anche il dato che le fatture per il compenso risultavano emesse dalla società.
5.2. Il primo motivo di ricorso, come visto, lamenta la violazione e falsa applicazione di undici norme di diritto, senza tuttavia esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo con le affermazioni contenute nella sentenza impugnata.
La delibera di nomina dell’amministratore di condominio spiega efficacia nei confronti dei terzi, anche ai fini della rappresentanza processuale dell’ente, dal momento in cui sia adottata la relativa deliberazione dell’assemblea, nelle forme di cui all’art. 1129 c.c. (Cass. n. 14599 del 2012). Nel caso in esame, l’individuazione del soggetto nominato amministratore è stata svolta per accertarne la legittimazione ai fini della regolare instaurazione del rapporto processuale, ovvero della validità della procura alle liti rilasciata. La censura, nella sostanza, critica l’interpretazione della delibera di nomina dell’amministratore approvata dall’assemblea del 21 novembre 2016.
Il Tribunale di Milano ha accertato in fatto che la deliberazione sottoposta al suo esame (unicamente per confutare l’assunto dell’invalidità del mandato alle liti del procedimento monitorio e del giudizio di opposizione) recasse l’indicazione cumulativa sia della società che della persona dell’architetto Ga.Gi., desumendone la volontà dell’assemblea di conferire l’incarico di amministratore a quest’ultimo piuttosto che alla prima, avendo perciò egli il potere di rappresentanza processuale del condominio, con la relativa facoltà di nomina del difensore.
La tesi del ricorrente è, invece, che amministratore fosse stata nominata la società, sicché il potere di rappresentanza processuale, con la relativa facoltà di nomina dei difensori, doveva essere accertato con riguardo alla società.
L’interpretazione della deliberazione assembleare di un condominio edilizio costituisce, comunque, un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito e le censure contenute nel primo motivo al riguardo si limitano ad una mera prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza. Circa poi l’intestazione delle fatture per il compenso dell’amministratore intestate alla società, tale fatto storico è stato comunque preso in considerazione dal Tribunale di Milano, ancorché la sentenza impugnata non vi abbia riconosciuto la rilevanza probatoria auspicata dal ricorrente (cfr., per tutte, Cass. Sez. Unite, n. 8053 del 2014).
Il primo motivo di ricorso può, quindi, essere rigettato, considerando come, per la rappresentanza processuale di un condominio, è sufficiente l’indicazione della funzione e del potere del soggetto che ha rilasciato la procura (nella specie, qualificato in atti come “arch. *”, amministratore del Condominio *, avendo comunque lo stesso, alla luce della contestazione relativa all’effettiva esistenza del potere esercitato, dimostrato il proprio potere rappresentativo mediante produzione della delibera di nomina del 21 novembre 2016.

6. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1183,1297,1375, comma 1, e 1460 c.c., per avere il Tribunale ritenuto che il credito azionato dal condominio fosse esigibile, a prescindere dalla richiesta del *, “avente causa del condomino moroso” (espropriato all’esito di una procedura esecutiva), di visionare i documenti comprovanti il debito su lui gravante in solido per effetto del subentro al precedente condomino, ciò anche in forza di un pregresso accordo raggiunto col condominio. La censura discute di una “eccezione di inadempimento” formulata dallo stesso ricorrente, quale condomino, rispetto al pagamento intimatogli.
6.1. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il debito solidale per il pagamento dei contributi gravante su chi subentra nei diritti di un condomino, anche, come nella specie, in dipendenza di aggiudicazione forzata conseguente a procedura esecutiva, trova fondamento nell’art. 63, comma 4, disp. att. c.c., il quale pone a carico dell’acquirente un’obbligazione solidale, non “propter rem”, ma autonoma, in quanto costituita “ex novo” dalla legge esclusivamente in funzione di rafforzamento dell’aspettativa creditoria del condominio, su cui incombe l’onere di provare l’inerenza della spesa all’anno in corso o a quello precedente al subentro dell’acquirente.
Il condomino acquirente può avvalersi dell’art. 1130, n. 9, c.c., il quale prescrive che l’amministratore deve «fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso». La eventuale inottemperanza di tale obbligo da parte dell’amministratore costituisce grave irregolarità ai fini della eventuale revoca giudiziale (art. 1129, comma 12, n. 7, c.c.), ma non incide sull’accertamento giudiziale della fondatezza della pretesa creditoria azionata dalla gestione condominiale, giacché la consegna dell’attestazione relativa allo stato dei pagamenti non costituisce presupposto per la liquidità, la esigibilità e la prova della morosità da riscuotere. L’art. 1129, comma 9, c.c. obbliga, piuttosto, l’amministratore ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea.
Tanto meno il singolo condomino può dirsi titolare verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica a prendere visione dei documenti giustificativi di spesa, atteso che il pagamento degli oneri relativi trova causa nella disciplina del condominio e non in un rapporto di natura contrattuale; pertanto, egli non può sottrarsi al pagamento delle spese relative eccependo, come fa il ricorrente, la mancata disamina della documentazione contabile.

    7. Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per l’omessa pronuncia sulla eccezione di tardività della produzione documentale, sollevata all’udienza del 4 febbraio 2020, relativamente al verbale di assemblea del 29 gennaio 2020, recante ratifica ex art. 182 c.p.c. dell’operato processuale dell’amministratore * Tale verbale difetterebbe della necessaria autentica, pur ratificando una procura alle liti, non era sottoscritto dal presidente e dal segretario dell’assemblea, ed infine rappresenterebbe un “negozio in frode alla legge”, stante la “simulazione assoluta” e la “interposizione fittizia fiscale”.
    7.1. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
    7.2. Il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (nella specie, si denuncia il mancato esame, da parte della sentenza impugnata, di una eccezione di inammissibilità per tardività della produzione documentale).
    7.3. Il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un altro soggetto, può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio (e, dunque, anche in appello), con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti.
    7.4. La regolarizzazione mediante ratifica dell’operato processuale di un amministratore di condominio, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., avviene mediante delibera dell’assemblea, il cui verbale, ove sottoscritto, ha natura di scrittura privata, senza, peraltro, che la mancata firma ad opera del presidente o del segretario costituisca causa di annullabilità della delibera stessa.
    7.5. La ratifica dell’operato processuale dell’amministratore dell’operato processuale dell’amministratore * resta comunque assorbita dalla decisione assunta con riguardo al primo motivo di ricorso, risultando dalla delibera approvata dall’assemblea del 21 novembre 2016 che proprio il * era stato nominato amministratore.

      8. Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza, con distrazione delle stesse in favore del difensore del controricorrente condominio, avv. *, per dichiarazione di anticipo fatta in sede di memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c. (da ritenersi ammissibile anche se non formalizzata già nell’atto di costituzione, come avvenuto nel caso di specie: v. Cass. n. 12111 del 2014; Cass. n. 4294 del 2021).
      Va respinta la domanda del controricorrente di condanna per responsabilità aggravata, ex art. 96 c.p.c., non rilevandosi che il ricorrente abbia agito con mala fede o colpa grave, né che abbia abusato dello strumento processuale.
      Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

        P.Q.M.


        La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente, che liquida in complessivi € 1.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione in favore del difensore dello stesso controricorrente, avv. *, per dichiarato anticipo.
        Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

        Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 marzo 2024.
        Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2024.

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