CONDOMINIO – Alberi e condominio, tra falsi miti e principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità

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Alberi e condominio, tra falsi miti e principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità

Il nostro Codice Civile, come sappiamo, non contiene una definizione di condominio: dando per scontato che già lo si sappia, come fosse un concetto di base, e che non vi possano essere dubbi in merito, elenca, all’art. 1117, quelle che devono essere considerate parti comuni dell’edificio, se non risulta il contrario dal titolo.

Anche in questo elenco, invero, non mancano lacune.

In tre capoversi sono menzionati: tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune (n. 1; come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate), le aree destinate a parcheggio nonchè i locali per i servizi in comune (n. 2; come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune) e le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune (n. 3; come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza).

E gli alberi ?

Le regole generali sulla accessione (art. 934 c.c.) comportano che appartiene al proprietario del suolo, oltre a qualunque costruzione od opera esistente sopra o sotto di esso, anche qualunque piantagione sul suolo stesso.

Nel condominio questa regola fondamentale ha applicazione non sempre facile.

Per un verso, la proprietà comune delle aree scoperte passa attraverso la nozione di cortile (unica parte comune dell’elenco sopra riportato in cui possono essere ragionevolmente ricomprese), affatto banale: propriamente sarebbero soltanto le porzioni comprese tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici che servono a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma vengono equiparati ad esse vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici, quali le aree verdi, le zone di rispetto, le intercapedini etc etc1.

Per altro verso, possono essere ritenuti condominiali (o quantomeno rientranti nella gestione collettiva per competenza delle decisioni e sopportazione delle spese, ad esempio di manutenzione) anche alberi su aree esclusive, se si ravvisa una funzionalità al decoro architettonico2.

Di qui un primo falso mito: gli alberi sono, di per sè, condominiali.

Non è esatto, avendo rilievo di principio la titolarità del suolo in cui si trovano (se comune ovvero esclusiva), ed eventualmente l’utilità apportata al fabbricato (nel senso che può essere riconosciuta una utilità comune anche ad alberi in aree esclusive).

Vi è poi anche un secondo falso mito: per tagliare gli alberi occorre, sempre e comunque, l’unanimità dei condòmini.

Come se per le piante si trattasse di una categoria a sè, ontologicamente diversa, ci sia scusato il gioco di parole, dagli impianti (forse, nell’incoscio, perchè sono organismi viventi ? nessuno metterebbe in discussione, per dire, che può essere sostituito il generatore di calore, o l’ascensore, o l’autoclave, e che possono essere spostate le linee di adduzione e di scarico; mentre lo stesso non parrebbe valere per sostituire o spostare, appunto, degli alberi … ).

Non è vero: quantomeno non sempre e comunque.

Cercando in internet, si trova citata una pronuncia di merito (Corte di appello Roma, 06/02/2008, n. 478), certo autorevole, che però decideva una fattispecie concreta alquanto particolare.

In questi giorni è stata pubblicata una pronuncia della Suprema Corte (Cassazione civile sez. II, 4.6.24 n.15573; testo integrale anche qui) che, al di là della particolarità del caso concreto (si faceva questione, in un piccolo Condominio, del taglio di due piante che adornavano lo scoperto condominiale, avvenuto ad iniziativa di un singolo condòmino) e della decisione (che ha ravvisato difetto di motivazione nella decisione impugnata), merita di essere segnalata.

Questa recente pronuncia contiene infatti nella motivazione un utile riepilogo dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità appunto sul tema, che si pone molto spesso nelle pratica, degli interventi su alberature di proprietà comune.

Gli Ermellini ricordano infatti che il taglio di alberi condominiali:

non può essere disposto dall’assemblea in ipotesi di accertato pregiudizio estetico e diminuzione della complessiva amenità dei beni comuni;

– è reputato ammissibile se tale da comportare un miglioramento, un uso più comodo o un maggior rendimento del bene comune suddetto (Cass. 23937/2012);

– è reputato ammissibile se giustificato da esigenze di sicurezza e di eliminazione di fattori di pericolo (Cass. 6136/2023).

Vengono altresì citati altri precedenti, specificamente nel senso che la soppressione del verde condominiale collocato in area comune di ridotte dimensioni non integra un’innovazione vietata se funzionale alla creazione di un parcheggio (Cass. 21342/2018 e Cass. 24960/2016; Cass. 15319/2011).

Insomma: ogni caso va valutato, sempre con attenzione e prudenza, secondo le circostanze.

* * *

1 Cassazione civile sez. II, 17/02/2020, n. 3852

2 Cassazione civile sez. II, 18/04/1994, n. 3666; la pronuncia merita di essere segnalata per l’approfondimento del concetto di bene giuridico nell’ambito condominiale