CONDOMINIO – Art. 1127 c.c. (Sopraelevazione)
LA NORMA:
Articolo 1127 Codice Civile – Costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio. | comma |
Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare. | I |
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono. | II |
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti. | III |
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare. | IV |
LA GIURISPRUDENZA:
– nozione di sopraelevazione (realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche e trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato)
Cassazione civile sez. un., 30/07/2007, n. 16794, dalla motivazione: quel che rileva, ai fini dell’applicazione in un senso (diritto a sopraelevare) e nell’altro (obbligo di corresponsione dell’indennità) dell’art. 1127 c.c. è la maggiore utilizzazione dell’area sulla quale sorge l’edificio, implicante che, rimanendo sempre lo stesso il valore del suolo (dividendo), con l’aumento del numero dei piani od, in ogni caso, dei volumi utilizzabili (divisore) necessariamente diminuisce il valore di ogni quota relativa a piano o porzione di piano (quoziente), onde l’indennità dovuta da colui che sopraeleva agli altri condomini ha propriamente lo scopo di ristabilire la situazione economica precedente, mediante la prestazione dell’equivalente pecuniario della frazione di valore perduta, per effetto della sopraelevazione, da ogni singola quota relativa a piano o porzione (Cass. 16.6.05 n. 12880, 16.3.82 n. 1697, citata, che richiama, a sua volta, altri precedenti conformi). … Ne consegue che, indiscussa l’inapplicabilità della norma in esame nell’ipotesi di pura e semplice ristrutturazione interna, tale da non comportare alcuna alterazione nella superficie e nella volumetria degli spazi interessati (e pluribus, Cass. 20.7.99 n. 7764, 24.10.98 n. 10568, 10.6.97 n. 5164, 24.1.83 n. 680; contra la sola Cass. 24.4.65 n. 725 che, peraltro, non spiega perchè la realizzazione di due piani all’interno dell’ultimo, senza variazioni volumetriche dell’intero nè innalzamento della copertura, dovrebbe sortire effetti diversi dalla medesima opera realizzata nei piani sottostanti – cfr. Cass. 17.10.67 n. 2493 – e comportare l’applicazione dell’art. 1127 c.c., piuttosto che dell’art. 69 disp. att. c.c., n. 2), la fattispecie dalla stessa regolata va ravvisata in ogni ipotesi d’incremento delle dette superficie e volumetria, indipendentemente dal fatto ch’esso dipenda o meno dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato (ad esempio, ferma l’altezza del colmo del tetto, ove l’incremento di superficie effettivamente utilizzabile e di volumetria si realizzino mediante la trasformazione dello spiovente da rettilineo con pendenza unica a spezzato con pendenze diverse, o – ma è ipotesi di dubbia legittimità: cfr. Cass. 12.10.71 n. 2873 – mediante l’ampliamento della base con la costruzione d’uno sporto e la consequenziale estensione del tetto). … Nel caso di specie, pertanto, non può essere revocato in dubbio che l’innalzamento di 50 cm. delle mura perimetrali ed il corrispondente rifacimento del tetto al di sopra di esse, con la trasformazione delle preesistenti soffitte in due nuove unità abitative, costituisca una nuova fabbrica e debba essere considerato, pertanto, come sopraelevazione ai sensi del primo comma dell’art. 1127 c.c. e dia, pertanto, luogo all’obbligo di corresponsione dell’indennità di cui all’ultimo comma della stessa norma.
Cassazione civile sez. II, 29/01/2020, n. 2000, dalla motivazione: Ai fini dell’art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale è, infatti, costituita dalla realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell’area sovrastante il fabbricato, per cui l’originaria altezza dell’edificio è superata con la copertura dei nuovi piani o con la superficie superiore terminale delimitante le nuove fabbriche (Cass. Sez. 2, 24/10/1998, n. 10568; Cass. Sez. 2, 10/06/1997, n. 5164; Cass. Sez. 2, 24/01/1983, n. 680; Cass. Sez. 2, 07/09/2009, n. 19281). Nella definizione enunciata da Cass. Sez. U, 30/07/2007, n. 16794, la nozione di sopraelevazione ex art. 1127 c.c. comprende, peraltro, non solo il caso della realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche quello della trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie, seppur indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato.
– sul calcolo dell’indennità
Cassazione civile sez. II, 22/08/2022, n.25103, dalla motivazione: Occorre, innanzitutto, rimarcare che – sulla scorta del disposto dell’art. 1127 c.c., comma 4, – l’indennità di sopraelevazione (che si configura come un debito per responsabilità da atto lecito del proprietario dell’ultimo piano che, realizzando la sopraelevazione, abbia aumentato il proprio diritto sulle parti comuni dell’edificio: v., per tutte, Cass. n. 23256/2016) va correlata al valore dell’area su cui insiste l’edificio o parte di esso che viene sopraelevata e deve essere determinata dividendo il relativo importo per il numero dei piani, compreso quello di nuova costruzione, poi diminuendo il quoziente così risultante della quota spettante al condomino che ha eseguito la sopraelevazione e, infine, ripartendo il risultato residuo tra i proprietari degli altri piani preesistenti (cfr. Cass. n. 12292/2003 e Cass. n. 12880/2005). Sulla scorta di questa base normativa, le Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 16794/2007 (in senso conforme v., successivamente, Cass. n. 24327/2011) – hanno chiarito che l’indennità di sopraelevazione è dovuta dal proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale ai sensi dell’art. 1127 c.c., non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie indipendentemente – si noti – dall’aumento dell’altezza del fabbricato. Tale indennità trae, infatti, fondamento dall’aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all’incremento della porzione di proprietà esclusiva e, in applicazione del principio di proporzionalità, si determina sulla scorta del maggior valore dell’area occupata ai sensi dell’art. 1127 c.c., comma 4. Pertanto, il diritto all’indennità di sopraelevazione appartiene a tutti i condomini, con la conseguenza che la sopraelevazione di un immobile che presenta carattere unitario comporta una modificazione dei millesimi e della partecipazione alle spese relative delle parti comuni, ovvero crea una situazione che riguarda tutti i partecipanti al condominio, a prescindere – si badi – dall’ubicazione della parte sopraelevata. A tal ultimo proposito – ossia allo scopo di considerare irrilevante la sopraelevazione in senso verticale od orizzontale – si è osservato che, con riferimento al disposto di cui all’art. 1127 c.c., la sopraelevazione di edificio condominiale deve intendersi non nel senso di costruzione oltre l’altezza precedente di questo, ma come costruzione di uno o più nuovi piani o di una o più nuove fabbriche sopra l’ultimo piano dell’edificio, quale che sia il rapporto con l’altezza precedente del medesimo; ciò perché tale norma trova giustificazione nell’occupazione, da parte di chi sopraeleva, dell’area comune su cui sorge il fabbricato, ossia della maggiore utilizzazione, mediante sfruttamento della colonna d’aria sovrastante l’edificio, di detta area. Ne consegue che anche la costruzione realizzata su lastrico solare di proprietà esclusiva del proprietario dell’adiacente appartamento (e, quindi, in prolungamento orizzontale dello stesso), quando detto lastrico sia quello dell’ultimo piano dell’edificio condominiale, così assolvendo alla funzione di copertura della parte sottostante detto edificio, va considerata come sopraelevazione, ed è soggetta al relativo regime legale, perché comporta le stesse conseguenze in termini di occupazione e di utilizzazione della colonna d’aria sovrastante il fabbricato di qualsiasi altra ipotesi di sopraelevazione, costituente espressione del diritto di proprietà esclusiva dell’ultimo piano del lastrico solare.
– sul presupposto della idoneità delle condizioni statiche
Cassazione civile sez. II, 29/01/2020, n. 2000, dalla motivazione: L’art. 1127 c.c. sottopone, poi, il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell’edificio che non la consentono, ovvero dall’aspetto architettonico dell’edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di arie e luce per i piani sottostanti. Il limite segnato dalle condizioni statiche si intende dalla giurisprudenza di questa Corte, in particolare, come espressivo di un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione. Ne consegue che le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (Cass. Sez. 2, 30/11/2012, n. 21491). E’ parimenti consolidato l’orientamento secondo il quale il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127 c.c., comma 2, debba interpretarsi non nel senso che la sopraelevazione sia vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentano di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127 c.c., comma 2, e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione, che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico. La domanda di demolizione può essere, perciò, paralizzata unicamente da tale prova di adeguatezza della sopraelevazione e della struttura sottostante rispetto al rischio sismico; sicchè, ove detta prova non sia acquisita, il diritto di sopraelevare non può sorgere.