SOVRAINDEBITAMENTO – Piano del consumatore: ai fini del giudizio di meritevolezza non è sufficiente l’assenza di atti in frode

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Tribunale di Udine, Dott. Lorenzo Massarelli, 04.01.2017

Nella procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento per piano del consumatore, ai fini del giudizio di meritevolezza del debitore il mancato compimento di atti in frode a nulla rileva.

Il debitore può accedere al piano del consumatore ogni volta che la consistenza del suo patrimonio e dei suoi redditi gli avrebbe ragionevolmente consentito via via l’assunzione di debiti; il sovraindebitamento finale, che ciononostante si verifichi, deve essere conseguenza di eventi non prevedibili ex ante. Pertanto, non sussiste il requisito della meritevolezza quando il debitore, anzichè estinguere il finanziamento precedente, di cui non può più sostenere il pagamento, sottoscrivendone un altro di durata maggiore e rata inferiore, così da avere più margini di liquidità, fa ricorso a nuovo credito aggiuntivo, superando la regola prudenziale che richiede di non far sì che il reddito mensile di una persona sia assorbito per oltre un terzo dal rimborso di rate di finanziamento.

E’ indispensabile che la proposta preveda non solo il soddisfacimento dei creditori privilegiati (in misura integrale o almeno corrispondente al valore di mercato del bene o dei beni su cui le cause di prelazione insistono) ma anche un soddisfacimento di tutti i creditori chirografari, o degradati in chirografo (in misura bensì parziale ma comunque effettiva), in applicazione del principio affermato da Cass. S.U. 1521/2013 per il concordato preventivo.

Ove siano attive assegnazione forzata o cessione del quinto dello stipendio, il piano del consumatore non può prevedere “ristrutturazione” riguardo agli importi, perchè i crediti relativi sono ormai fuoriusciti dal patrimonio del debitore, a prescindere dal futuro pagamento.

E’ necessaria per il debitore l’assistenza tecnica di un avvocato: il difetto di rappresentanza in giudizio è rilevato d’ufficio, con concessione di termine per sanarlo.

Ove emerga prima facie dal ricorso, dai documenti e dalla relazione dell’OCC la carenza di un presupposto (come ad esempio: il difetto di meritevolezza; la soddisfazione non integrale dei creditori privilegiati senza attestazione dell’OCC di incapienza del cespite gravato; l’assenza di una qualche soddisfazione, parziale ma effettiva, anche dei creditori chirografari; la pretesa ristrutturazione di debiti per cui sono attive assegnazione forzata o cessione del quinto; la mancata allegazione dei documenti prescritti; la mancata quantificazione dei crediti prededucibili in quanto sorti in occasione o in funzione della procedura di sovraindebitamento), va dichiarata l’inammissibilità senza necessità di fissare comunque l’udienza, essendo tale carenza rilevabile d’ufficio e non avendo senso avviare il procedimento di omologa con quel che ne consegue in termine di compressione medio tempore dei diritti dei creditori.

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Questi i principi espressi dal Tribunale di Udine, Dott. Lorenzo Massarelli, con il decreto del 04.01.2017.

Un debitore, adducendo una situazione di sovraindebitamento, proponeva la procedura per piano del consumatore: il ricorso recava in allegato la relazione particolareggiata del professionista nominato con funzioni di OCC, ma non era sottoscritto da un avvocato.

Il Giudice anzitutto rilevava, in rito, il difetto di rappresentanza in giudizio e concedeva termine per sanarlo.

Costituitosi il debitore con il patrocinio di un legale, il Giudice, esaminati approfonditamente gli atti e i documenti e la relazione dell’OCC respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile, senza fissare alcuna udienza, rilevando, oltre a carenze nella documentazione allegata e nella formulazione del piano:

– il difetto del requisito (previsto dalle norme sul piano del consumatore) della meritevolezza, ritenuto da provarsi in aggiunta all’assenza di atti in frode, perchè, tenuto conto delle tempistiche dei prestiti che risultavano contratti, e dell’entità delle rate in relazione al reddito (complessivamente superiori ad un terzo di questo), ravvisava imprudenza e non proporzionalità nel ricorso al credito.

– il difetto del presupposto (affermato dalla giurisprudenza per il concordato preventivo) per cui dalla procedura deve derivare a tutti creditori un soddisfacimento, anche modesto ma effettivo, mentre nel piano per i chirografari era prevista la remissione.

IL COMMENTO

Delle tre procedure previste dalla normativa sul sovraindebitamento (L. 3/12 e ss. mm. ii., impropriamente chiamata “salva suicidi”), quella per accordo di composizione e quella per liquidazione dei beni derivano all’evidenza da paradigmi consolidati (rispettivamente, il concordato e il fallimento), all’uopo adattati al debitore non fallibile.

La procedura del piano del consumatore (introdotta dalla novella di cui al D.L. 179/12 convertito nella L. 221/12) si è invece palesata come una sorta di novità (arrivando taluno a coniare la definizione, ossimorica, di concordato coattivo): anche per questo, ha suscitare molto interesse e (complici anche le primissime applicazioni che hanno trovato grande eco) molte aspettative.

Infatti, l’omologazione del piano del consumatore, diversamente da quella dall’accordo di composizione, non presuppone il consenso di una maggioranza qualificata del ceto creditorio, ma richiede (oltre beninteso all’osservanza di una serie di requisiti di ammissibilità, a tutela di diverse categorie di creditori) una valutazione, demandata al Giudice, di meritevolezza (e ciò in controtendenza al concordato, ove un requisito del genere è stato eliminato).

Come era forse prevedibile, la giurisprudenza, col tempo, ha assunto posizioni prudenti e financo restrittive, di contro agli spazi di discrezionalità che le norme potrebbero attribuire.

Il provvedimento del Tribunale di Udine si inserisce in questa tendenza e si segnala per la analiticità ed esaustività motivazionale, certo da apprezzare, nella attuale situazione di incertezza interpretativa in tema di procedure di sovraindebitamento, anche al fine di orientare concretamente gli operatori.

Peraltro, alcuni passaggi, ove si assumessero in termini assoluti (al di là del caso particolare, “immeritevole” sotto svariati profili), limiterebbero l’ambito di fruibilità del piano del consumatore, nella pratica, ad ipotesi, se non eccezionali, alquanto rare.

Relativamente al requisito della meritevolezza, il Tribunale di Udine non si limita a puntualizzare che essa costituisce un quid pluris rispetto alla assenza di atti in frode, di cui si deve fornire prova positiva (dimostrando che, al momento dell’assunzione delle obbligazioni, redditi e patrimonio facevano ragionevolmente confidare sul poter sempre pagare ogni debito alla sua scadenza, e comunque che la sproporzione dell’esposizione verificatasi è stata causata da eventi non prevedibili e da condotte non colpose): individua anche una condotta tipica, di per sè incompatibile con il requisito e tale da escluderlo, ossia il contrarre un nuovo prestito senza con esso estinguere il precedente (in modo da sostituirlo con uno nuovo di durata più lunga e rata più bassa, che sarebbe l’unica opzione “sensata”), cumulando rate che assorbono più di un terzo del reddito.

Il Tribunale di Udine ritiene poi necessario un requisito non previsto in modo inequivocabile dalle norme sul piano del consumatore, ma affermato dalla Corte di Cassazione per il concordato preventivo, a proposito della verifica della causa concreta (Sezioni Unite 1521/2013: “il controllo del Giudice si attua verificando l’effettiva realizzabilità della causa concreta, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento …. finalizzato, da un lato, al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, e dall’altro, all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori”): in buona sostanza, per il provvedimento in esame, è inammissibile un piano del consumatore che per alcuni creditori non preveda nulla, determinando una pura remissione dei debiti.

Diversamente da altre pronunce (es. Tribunale di Siracusa 17.06.16, che ha omologato un piano del consumatore prevedente la revoca della cessione del quinto), il Tribunale di Udine reputa che siano insuscettibili di ristrutturazione in questa sede i debiti per i quali sono già attive assegnazione forzata in sede di esecuzione o cessione volontaria del quinto dello stipendio, perchè i crediti relativi devono intendersi ormai fuoriusciti dal patrimonio del debitore, a prescindere dal futuro pagamento.

Il provvedimento è interessante anche per quanto riguarda la procedura.

La generalità dei Tribunali ammette che l’istanza per la nomina del professionista con funzioni di OCC possa essere sottoscritta dal debitore senza l’avvocato.

Diversi sono invece gli orientamenti quanto all’atto che introduce propriamente le procedure del sovraindebitamento, e cioè il deposito della proposta di accordo o del piano del consumatore, ovvero il deposito della domanda di liquidazione del beni.

Per tale fase, la necessità della assistenza tecnica del debitore era stata ravvisata già da Tribunale di Vicenza 29.04.14 (per queste ragioni: 1) la proposta è una domanda giudiziale con il fine di comporre una crisi finanziaria, e si è in presenza di interessi contrapposti; 2) il ricorso è introduttivo di una procedura; 3) la procedura si svolge davanti ad un tribunale; 4) la procedura presenta fasi potenzialmente contenziose), però come regola generale suscettibile di deroga (prevedendo infatti che l’assistenza di un legale che assista il debitore può non essere necessaria se nell’OCC che concretamente presenta la domanda vi sia anche un legale che se ne faccia carico, curando tutti gli aspetti tecnici della stessa).

La prassi di molti Giudici, tra cui quella del Tribunale di Pordenone (che, venendo costituito nella sua circoscrizione un OCC forense, ha esaminato casi in cui Gestore era un avvocato), è stata finora per aprire comunque le procedure.

Più recentemente, Tribunale di Massa 28.01.16 ha distinto nettamente da ciò la funzione dell’OCC (osservando che essa non consiste nel formulare, in nome e per conto del debitore la proposta di accordo con i creditori o la domanda di liquidazione, ma semplicemente nell’essere di “ausilio” al debitore per tutto quanto necessario o utile nell’ambito di una di tali procedure, conformemente alle previsioni della L. n. 3/2012 ed ai poteri che la stessa attribuisce, ed affermando conseguentemente che la legittimazione attiva a formulare la proposta di accordo con i creditori oppure la domanda di liquidazione spetta per contro al debitore stesso e. precisamente, non a lui personalmente, ma al suo procuratore nella sua qualità di rappresentante tecnico).

Il Tribunale di Udine pare aderire a questa impostazione più rigorosa (che presuppone un giudizio di inconciliabilità con i compiti principali del Gestore, quale ausiliario del Giudice, il fatto che lo stesso finisca per fungere da legale del debitore), reputando senz’altro e comunque necessaria l’assistenza tecnica.

E molto rigore ha dimostrato anche relativamente alle riscontrate carenze nella documentazione allegata e nella formulazione del piano.

Può essere condivisibile la decisione di non fissare udienza (per ragioni di economia processuale, anche senza considerare la compressione medio tempore dei diritti dei creditori che avviene con il deposito del piano ex art. 9 comma 3-quater, trattandosi della sospensione del corso degli interessi ma soltanto per i creditori chirografari e comunque ai soli effetti del concorso, dunque con portata alquanto limitata): tuttavia poteva essere concesso un termine perentorio per integrare opportunamente atti e documenti, trattandosi di eventualità prevista per la proposta di accordo (v. art. 9 comma 3-ter), e non esclusa per il piano del consumatore.