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Bonus e maggioranze per approvare i lavori

I bonus, si sa, esistevano da tempo.

Dalla fine degli anni novanta sono state introdotte, spesso nella finanziaria annuale, agevolazioni fiscali.

Dapprima, in generale, per i lavori di manutenzione (c.d. bonus ristrutturazioni).

Poi, per lavori aventi specifiche finalità: efficientamento energetico (c.d. ecobonus), consolidamento strutturale (c.d. sismabonus), miglioramento dell’ornato (c.d. bonus facciate).

La svolta è avvenuta con gli articoli del Decreto Legge n. 34/2020 (c.d. decreto rilancio), convertito dalla Legge n. 77/2020, che hanno anzitutto istituito il c.d. bonus super 110 (art. 119), ed hanno altresì generalizzato l’opzione, alternativa al godimento diretto, dello sconto in fattura e della cessione di credito, stabilendola anche per la maggior parte dei bonus minori (art. 121).

In origine il decreto rilancio nulla prevedeva, in caso di opere su parti condominiali, con riguardo alle maggioranze necessarie per approvarle.

Il legislatore ha poi provveduto con il Decreto Legge n. 104/2020 (c.d. decreto agosto), convertito nella Legge n. 126/2020, che ha introdotto, nell’art. 119 del decreto rilancio, il comma 9 bis, tuttora vigente, il quale così stabilisce:

Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonche’ l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio.

Precisamente, il testo del Decreto Legge faceva menzione solo de l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo (ossia, appunto, il 119), mentre quello della Legge di conversione fa menzione anche degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonche’ l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121.

Il dettato della norma non è felice, come purtroppo spesso avviene, al giorno d’oggi, con le nuove leggi (persino, paradossalmente, qualora il fine sia proprio quello di chiarirle o di semplificarle).

Come già accennato all’inizio, nel decreto rilancio:

– l’art. 119 individua gli interventi che beneficiano del bonus super 110;

– l’art. 121 prevede l’opzione, alternativa al godimento diretto, dello sconto in fattura e della cessione di credito, a valere non solo per il bonus super 110, ma anche per determinati bonus minori, tra cui, oltre all’ecobonus e al sismabonus, soprattutto il bonus ristrutturazioni e il bonus facciate.

Ciò posto, il comma 9 bis, e quindi la sufficienza della maggioranza semplice (maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che corrisponda ad almeno 333/1000):

– certo si applica per deliberare gli interventi che beneficiano del bonus super 110 e, relativamente ad essi, l’opzione, alternativa al godimento diretto, dello sconto in fattura e della cessione di credito;

– invece non si applica (appaiono a dir poco ardue interpretazioni estensive o in via analogica, come si è osservato a proposito del comma 13 bis dell’art. 119, sulle semplificazioni in merito alla pratica edilizia e in relazione ai controlli fiscali) per deliberare gli interventi che beneficiano dei bonus minori preesistenti al bonus super 110, tra cui soprattutto il più risalente bonus ristrutturazioni e il più recente bonus facciate, e, relativamente ad essi, l’opzione, alternativa al godimento diretto, dello sconto in fattura e della cessione di credito.

E allora, in tali casi, quali maggioranze servono ?

Trattandosi dunque di interventi che beneficiano, ad esempio, del bonus ristrutturazioni o del bonus facciate (si badi bene: da soli, o anche, nell’ambito di lavori più ampi di riqualificazione, unitamente al bonus super 110):

– per l’opzione, alternativa al godimento diretto, dello sconto in fattura e della cessione di credito, non basta alcuna maggioranza ed occorre la volontà di ciascuno;

– per deliberare i lavori, valgono le regole generali sulle maggioranze (a prescindere cioè dal fatto che si tratti di interventi con agevolazioni).

Talvolta può bastare una maggioranza minore di quanto si creda.

Non nuoce ricordare qualche concetto.

Le norme del Codice Civile sul condominio distinguono tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria non ai fini delle maggioranze, ma ai fini delle competenze: l’ordinaria è attribuzione dell’amministratore (quindi è suo dovere provvedervi, senza necessità di autorizzazioni; art. 1130 n. 3 c.c.), la straordinaria è attribuzione dell’Assemblea (così come le innovazioni; art. 1135 n. 4), e solo eccezionalmente, nei casi di urgenza, dell’amministratore (art. 1135 comma 2 c.c., e art. 1130 n. 4 c.c.).

Il discrimine, si badi, non è quello di cui alle definizioni contenute del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico edilizia), che valgono solo ai fini dello stesso (ossia: per la necessità e per la tipologia della pratica edilizia, per le responsabilità, per le sanzioni etc etc); ciò perchè, col tempo, è stato molto esteso l’ambito sia della edilizia libera, che non richiede alcuna formalità, sia della manutenzione ordinaria, che richiede la sola cila (se applicassimo tali categorie in ambito condominiale gli esiti sarebbero all’evidenza aberranti).

Per la giurisprudenza di legittimità in sede condominiale il distinguo tra manutenzione ordinaria e straordinaria va fatto avendo riguardo al carattere di normalità dell’intervento e alla circostanza che non comporti un onere economico rilevante1.

Ai fini della maggioranza da raggiungere in assemblea le norme del Codice Civile sul condominio distinguono invece tra (limitandoci alle ipotesi più pertinenti):

– la generalità delle innovazioni, c.d, non agevolate (quelle di cui all’art. 1120, primo comma), per cui occorre la maggioranza di almeno 2/3 o meglio, più precisamente:

la maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che corrisponda ad almeno 666/1000 (art. 1136 comma V c.c.);

– la ricostruzione dell’edificio, le riparazioni straordinarie di notevole entità e determinate innovazioni, c.d. agevolate (quelle di cui all’art. 1120, secondo comma), per cui occorre la maggioranza qualificata, ossia, in qualsiasi convocazione, almeno 1/2 o meglio, più precisamente:

la maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che corrisponda ad almeno 500/1000 (art. 1136 comma IV c.c.);

tutte le altre manutenzioni, ordinarie o straordinarie, che non costituiscano riparazioni straordinarie di notevole entità, per cui basta la maggioranza semplice, ossia, in seconda convocazione, almeno 1/3 o meglio, più precisamente:

la maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che corrisponda ad almeno 333/1000 (art. 1136 comma III c.c.).

L’individuazione delle innovazioni c.d. agevolate, che possono essere approvate senza che occorrono i 666/1000, bastando i 500/1000, è molto semplice, essendo elencate dalla norma di legge (art. 1120 comma II c.c.):

1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.

L’individuazione delle manutenzioni straordinarie non di notevole entità, che possono essere approvate senza che occorrono i 500/1000, bastando i 333/1000, è più difficile, essendo la norma di legge (art. 1136 comma IV c.c.) da interpretare.

Per la giurisprudenza di legittimità la valutazione al riguardo è rimessa al giudice di merito, che può (deve) “tener conto, nei casi dubbi, oltre che dei dati di immediato rilievo, cioè dell’ammontare complessivo dell’esborso occorrente per la realizzazione delle opere, anche del rapporto tra tale costo, valore dell’edificio ed entità della spesa ricadente sui singoli condomini”2.

Volendo fare un esempio concreto, la Corte di Cassazione ha ritenuto adeguatamente motivate le decisioni di primo e secondo grado in cui i giudici di merito, per escludere l’elemento della “notevole entità”, e quindi la necessità della maggioranza qualificata, avevano fatto proprie le valutazioni di un consulente tecnico il quale aveva definito “ai limiti della irrilevanza”, e quindi senza dubbio non notevole, una spesa per riparazione di una condotta di scarico ammontante a 40 milioni di vecchie lire (circa 20 mila euro attuali) rispetto al valore complessivo del fabbricato, stimato in 14 miliardi di vecchie lire (circa 7 milioni di euro attuali).

Altra giurisprudenza che merita ricordare è quella che distingue dalle innovazioni in senso tecnico giuridico, caratterizzate dalla alterazione della entità sostanziale o dalla mutazione della destinazione originaria, le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune, a condizione di lasciare immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini3.

Per le prime occorrono i 500/1000 o i 666/1000 a seconda che rientrino o meno tra le ipotesi agevolate di cui all’art. 1120 comma II c.c..

Per le seconde occorrono i 500/1000 o i 333/1000 a seconda che si ravvisi o meno la rilevante entità della spesa di cui all’art. 1136 comma IV c.c..

Che, se facciamo mente locale al caso deciso dalla pronuncia di legittimità sopra citata, non è affatto da dare per scontata pur trattandosi di interventi straordinari.

* * *

1 vedasi Cassazione civile sez. VI, 17/08/2017, n.20136: il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all’iniziativa dell’amministratore nell’esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall’art. 1135 c.c., comma 2, riposa sulla “normalità” dell’atto di gestione rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicchè gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell’assemblea condominiale; idem Cassazione civile sez. II, 25/05/2016, n. 10865

2 vedasi Cassazione civile sez. II, 29/01/1999, n.810; idem Cassazione civile sez. II, 06/11/2008, n.26733 e Cassazione civile sez. II, 26/11/2014, n.25145

3 una delle prime pronunce è Cassazione civile sez. II, 23/10/1999, n. 11936 (si trattava del restringimento di un marciapiede pedonale per l’allargamento di una aiuola erbosa, onde installare, al centro di essa, una rastrelliera per biciclette); una delle più recenti è Cassazione civile sez. VI, 07/05/2019, n. 11971, che si richiama alla precedente Cassazione civile sez. II, 05/11/2002, n. 15460 (si trattava della trasformazione in garage, con conseguente ampliamento dell’autorimessa comune, dei locali già destinati a portineria e a centrale termica); si veda anche, per il principio e le esemplificazioni, Cassazione civile sez. VI, 10/04/2019, n.10077: nella motivazione, si legge che “In argomento, questa Corte ha affermato – a titolo esemplificativo – che la ristrutturazione dell’impianto fognario, vecchio di oltre cinquant’anni e bisognoso di interventi strutturali, non costituisce innovazione, trattandosi di opera necessaria alla conservazione ed al godimento della cosa comune (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16639 del 27/07/2007, Rv.599342). O ancora, che la bonifica di un terreno compiuta da uno dei comproprietari, non alterandone la destinazione economica ed essendo diretta al miglioramento del bene o a renderne più agevole la fruizione senza pregiudicare il diritto di godimento degli altri comproprietari, non integra gli estremi di un atto innovativo (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 5729 del 23/03/2015, Rv.634993).

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