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Mediazione e Condominio: tutto cambia, ma dal 30 giugno

L’emergenza bollette ha reso ancora più di attualità le prespettive di cui alla c.d. transizione ecologica

L’istituto della mediazione (da non confondersi con l’attività di mediazione di cui al codice civile, relativa alla conclusione di affari1) è una “ADR”, ossia una procedura alternativa di risoluzione delle liti (l’acronimo deriva dall’inglese Alternative Dispute Resolution): alternativa, s’intende, rispetto alla procedura ordinaria di risoluzione delle liti, che è la causa dinanzi all’Autorità Giudiziaria.

Proponendo una causa, un terzo imparziale (il Giudice) decide la controversia tra due o più soggetti attraverso un giudizio, ossia dichiarando chi ha ragione e chi ha torto (il concetto di giurisdizione, come si comprende dalla parola stessa, è proprio nello ius dicere: dire, affermare, stabilire il diritto, dell’una o dell’altra delle parti in lite; il che presuppone un giudizio, e consiste in esso).

Proponendo la mediazione, un terzo imparziale (il Mediatore) assiste due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia.

Il Mediatore non si esprime sui diritti delle parti: tantomeno può obbligarle ad accordarsi.

Può però (e viene specificamente formato ad un tanto) aiutarle a comprendere l’opportunità di un componimento, attraverso l’ascolto, l’analisi, il dialogo.

Se le parti si accordano, la lite in giudizio è evitata; se non si accordano, la lite sarà risolta in giudizio, con la sentenza del Giudice contenente gli accertamenti e le condanne del caso.

Per determinate materie, tra cui quella condominiale, il procedimento di mediazione venne introdotto nel nostro ordinamento come obbligo, o meglio condizione di procedibilità dell’azione in sede giudiziaria (ossia una formalità da assolvere prima di promuovere la causa), più di dieci anni orsono, ancora nel 20102, a fini dichiaratamente deflattivi del contenzioso (ossia la riduzione dei carichi di lavoro degli uffici giudiziari).

La materia del Condomino, si noti, è la prima dell’elenco3: “vicinitas est mater discordiarum”, dicevano i latini, tanto è vero che le cause su rapporti condominiali rappresentano almeno il 10% del totale, e si stimano tra le 300.000 e le 500.000 l’anno.

Nella disciplina del Condominio fu anche inserita, con la riforma del 2012, una apposita previsione normativa, con l’art. 71-quater disp. att. c.c., precisando anzitutto che per controversie in materia di condominio ai sensi e per gli effetti del nuovo istituto si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice (che corrispondono agli articoli da 1117 a 1139) e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice, e poi dettando alcune regole, in particolare riguardo alla maggioranza necessaria per partecipare al procedimento e per approvare la proposta.

In seguito la normativa sulla mediazione obbligatoria venne però dichiarata incostituzionale, nel 20124, e quindi reintrodotta, nel 20135, con alcune modifiche (in particolare la distinzione tra un primo incontro, per il quale si pagano solo delle spese di segreteria, e un eventuale prosieguo, con la vera e propria attività di mediazione, per il quale si paga un compenso al mediatore).

La quasi totalità degli Avvocati inizialmente era molto contraria all’istituto (nessuno ha studiato giurisprudenza e poi conseguito l’abilitazione a patrocinare, pensando di finire per assistere parti … in incontri presso un organismo di mediazione).

Poi, col tempo, buona parte degli Avvocati ha progressivamente rivalutato l’istituto (chi scrive, del resto, è anche mediatore, presso un organismo forense).

In molti casi, anche proprio in ambito condominiale, il procedimento di mediazione può funzionare, essendo sede ed occasione propizia in cui le parti in lite possono riflettere sulla verità del detto per cui “val più un cattivo accordo che una buona sentenza”: proverbio antico, ma attualissimo, tenuto conto dei tempi, dei costi e dei rischi delle cause al giorno d’oggi.

Ora come ora, ma ancora per poco, l’Amministratore per partecipare al procedimento di mediazione stante il già accennato art. 71-quater disp. att. c.c. ha necessità di essere autorizzato dall’Assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, ossia 500/1000 (maggioranza non facile da raggiungere; oltre alla necessità di convocare una riunione straordinaria apposita, se non è già prevista a breve la convocazione di quella ordinaria).

E ciò, si badi, anche in casi in cui, rientrando la vertenza nelle attribuzioni dell’Amministratore. non ci sarebbe bisogno di alcuna autorizzazione da parte dell’Assemblea per stare in giudizio: come pacificamente avviene, ad esempio, per resistere alla causa di impugnazione delle delibere (si veda Cassazione Civile sez. II, 29/01/2021, n. 2127), e per promuovere una causa a fini conservativi (si veda Cassazione Civile, sez. II, 31/01/2018, n. 2436, relativamente alla azione avverso l’impresa per far valere le garanzie di legge; si veda Cassazione Civile, sez. II, 19/03/2021, n. 7884, relativamente alla azione avverso un condomino per far rispettare le parti comuni).

La cosa è palesemente incongrua, ma la giurisprudenza di legittimità, non senza sorpresa degli addetti ai lavori, un paio di anni fa si pronunciò in modo inequivocabilmente (si veda Cassazione Civile sez. VI, 08/06/2020, n. 108466), sulla base di una interpretazione letterale della norma alquanto discutibile.

Anche perchè interpretando alla lettera il comma sulla maggioranza per l’autorizzazione alla partecipazione (come al momento quell’intervento giurisprudenziale impone) andrebbe interpretato alla lettera anche il comma sulla maggioranza per l’approvazione della proposta di mediazione (un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, ossia 500/1000, dovrebbe essere sempre necessario, anche quando per una delibera con tale oggetto basterebbe la maggioranza semplice, si pensi ad una modesta transazione pecuniaria; e dovrebbe essere sempre sufficiente, anche quando per una delibera con tale oggetto occorrerebbe l’unanimità dei consensi, si pensi ad una qualsiasi incidenza sui diritti reali).

Di qui, tuttora, l’aggravio per l’Amministratore di dover convocare l’Assemblea, in tema, due volte: non solo per deliberare sulla proposta di mediazione ma anche, da subito, e preliminarmente, per deliberare sulla partecipazione al procedimento.

Oltre a complicazioni per il recupero credito, nei casi in cui vengono opposti, magari solo pretestuosamente, decreti ingiuntivi ottenuti dall’Amministratore attenendosi ai doveri imposti dalla riforma del 2012 (ci riferiamo ovviamente all’art. 1129 comma nono c.c.7): infatti sempre la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’onere di promuovere il procedimento di mediazione, a pena di improcedibilità della causa e quindi con revoca dell’ingiunzione e condanna alle spese di soccombenza, grava non già sul debitore opponente (ossia il condòmino moroso nei pagamenti) bensì, appunto, sul creditore opposto (ossia il Condominio in persona dell’Amministratore) (si veda Cassazione Civile sezioni unite 18/09/2020, n. 195968).

Un solo lato positivo: dovendo mettere all’ordine del giorno l’autorizzazione ad aderire alla procedura di mediazione, si può ben cogliere l’occasione di mettere all’ordine del giorno anche il riesame, ad esempio, della delibera impugnata, e magari correggere qualche vizio (la sostituzione della delibera già impugnata con altra delibera, pur impugnabile, determina, tecnicamente, cessazione della materia del contendere sulla impugnazione, si veda Cassazione civile sez. VI, 21/06/2022, n. 200059).

A decorrere dal 30.6.23 l’art. 71-quater disp. att. c.c. sarà quasi interamente abrogato, e sarà vigente l’art. 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (ossia la legge sulla mediazione), introdotto dal decreto legislativo 10/10/2022 n. 149 (ossia l’ennesima modifica per l’efficienza del processo civile, tra le riforme di cui al “pacchetto Cartabia”).

Mettiamo a confronto queste norme:

Sino al 29.6.2023

Art. 71-quater disp.att. c.c.
Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.
La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata. Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.
Dal 30.6.2023

Art. 71-quater disp. att. c.c.
Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice.
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore secondo quanto previsto dall’articolo 5-ter del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

Art. 5-ter d.lgs 4.3.2010, n. 28, Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio
L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi.
Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile.
In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa.

Dunque la norma di prossima entrata in vigore prevede che:

– l’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi (quindi, in qualsiasi materia, senza necessità di alcuna autorizzazione da parte dell’assemblea, tantomeno a maggioranza qualificata);

– il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile (quindi, a seconda dell’oggetto, oltre alla maggioranza degli intervenuti, potranno essere sufficienti, in seconda convocazione, 333/1000, o potranno essere necessari 500/1000, o 666/1000, o l’unanimità);

– in caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa.

La modifica è indubbiamente positiva (già solo considerando il fatto che, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, non si sarà più esposti al rischio del mancato raggiungimento della maggioranza qualificata per proporre la mediazione, con la conseguenza della improcedibilità della causa e quindi il danno, e la beffa, della revoca dell’ingiunzione e della condanna alle spese).

L’unica doglianza è sulla entrata in vigore differita: non si sono volute fare distinzioni tra le numerose modifiche di cui all’intervento riformatore, e tant’è.

Sino al 30.6.23 armiamoci di pazienza.

* * *

1 l’art. 1754 codice civile definisce mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza; e l’art. 1755 codice civile stabilisce che ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento; va considerato però anche l’art. 6 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, per cui hanno diritto alla provvigione soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli” tenuti all’uopo dalle Camere di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato, distinti in genere in tre sezioni (una per gli agenti immobiliari, una per gli agenti merceologici ed una per gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso)

2 decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali

3 l’elenco completo originario (art. 5, comma 1 del decreto legislativo succitato) era: Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione,successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato,affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dallacircolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e dadiffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo dipubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenutopreliminarmente a esperire il procedimento di mediazione L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale … ; attualmente l’elenco (art. 5, comma 1 bis del decreto legislativo succitato), relativamente alle controversie per risarcimento del danno non comprende più quello derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, e comprende anche quello derivante dalla attività sanitaria; prossimamente (art. 5, comma 1 del decreto legislativo succitato, vigente dal 30.6.23) all’elenco si aggiungeranno le seguenti materie: associazione in partecipazione,consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura

4 corte costituzionale, 06/12/2012 n. 272; la incostituzionalità fu dichiarata per eccesso di delega

5 decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98

6 dalla motivazione: L’art. 71 quater disp. att. c.c., comma 3, lettera, porta, allora, a concludere, identicamente a quanto sostenuto dal Tribunale di Roma, che la condizione di procedibilità della “controversie in materia di condominio” non possa dirsi realizzata allorchè, come avvenuto nel caso in esame, all’incontro davanti al mediatore l’amministratore partecipi sprovvisto della previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’art. 1136 c.c. comma 2, non essendo in tal caso “possibile” iniziare la procedura di mediazione e procedere con lo svolgimento della stessa, come suppone il D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 8, comma 1. Non rileva nel senso di escludere la necessità della delibera assembleare ex art. 71 quater disp. att. c.c., comma 3, il fatto che si tratti, nella specie, di controversia che altrimenti rientra nell’ambito delle attribuzioni dell’amministratore, in forza dell’art. 1130 c.c., e con riguardo alla quale perciò sussiste la legittimazione processuale di quest’ultimo ai sensi dell’art. 1131 c.c., senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea. Pur in relazione alle cause inerenti all’ambito della rappresentanza istituzionale dell’amministratore, questi non può partecipare alle attività di mediazione privo della delibera dell’assemblea, in quanto l’amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all’art. 1136 c.c., comma 2, è altrimenti comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia (arg. da Cass. Sez. 3, 27/03/2019, n. 8473). Tale evenienza non corrisponde, dunque, all’ipotesi contemplata dal D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 2 bis, il quale dispone che “quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, in quanto, ancor prima che mancato, qui l’accordo amichevole di definizione della controversia è privo di giuridica possibilità. Spetta infatti all’assemblea (e non all’amministratore) il “potere” di approvare una transazione riguardante spese d’interesse comune, ovvero di delegare l’amministratore a transigere, fissando gli eventuali limiti dell’attività dispositiva negoziale affidatagli (cfr. Cass. Sez. 2, 16/01/2014, n. 821; Cass. Sez. 2, 25/03/1980, n. 1994). Parimenti, l’art. 1129 c.c., comma 9 (sempre introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220) obbliga l’amministratore ad “agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale sia compreso il credito esigibile, a meno che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea”, non rientrando, quindi, tra le attribuzioni dell’amministratore il potere di pattuire con i condomini morosi dilazioni di pagamento o accordi transattivi senza apposita autorizzazione dell’assemblea.

7tale norma prevede che salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice

8dalla motivazione: Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1-bis, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo

9dalla motivazione: in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall’art. 2377 c.c., comma 8, dettato in tema di società di capitali (Cass. Sez. 6 – 2, 08/06/2020, n. 10847; Cass. Sez. 6 – 2, 11/08/2017, n. 20071; Cass. Sez. 2, 10/02/2010, n. 2999; Cass. Sez. 2, 28/06/2004, n. 11961), rimanendo affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese ad una valutazione di soccombenza virtuale. La cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell’impugnazione ex art. 1137 c.c., in quanto la sussistenza dell’interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione. … Perché possa verificarsi la rinnovazione sanante con effetti retroattivi, alla stregua dell’art. 2377 c.c., comma 8, è necessario che la deliberazione impugnata sia sostituita con altra che abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della prima deliberazione, ferma soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità (Cass. Sez. 2, 09/12/1997, n. 12439; Cass. Sez. 2, 30/12/1992, n. 13740; Cass. Sez. 2, 19/04/1988, n. 3069). Se, invece, l’assemblea decida di revocare la precedente deliberazione e di adottarne altra avente una portata organizzativa del tutto nuova, gli effetti di quest’ultima decorrono soltanto da quando sia stata assunta. Ove, dunque, il giudice rilevi la cessazione della materia del contendere in tema di impugnazione di delibera condominiale, analogamente a quanto disposto dall’art. 2377 c.c., comma 8, (il quale espressamente dispone, peraltro, nel testo successivo al D.Lgs. n. 6 del 2003, che “… il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società…”), la pronuncia finale sulle spese viene regolata sulla base di una valutazione di soccombenza virtuale, sicché il giudice del merito deve espressamente procedere ad un complessivo ed unitario giudizio circa l’originaria fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, al fine di decidere circa la incidenza della potenziale soccombenza sull’onere delle spese. …

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