CONDOMINIO – Utenza idrica condominiale: obbligo dei contatori individuali e criteri di ripartizione dei consumi

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Utenza idrica condominiale: obbligo dei contatori individuali e criteri di ripartizione dei consumi

Si pone più spesso di quanto si possa credere il problema della ripartizione delle spese per i consumi dell’utenza idrica intestata al Condominio.

In molti fabbricati ciascuna unità si è dotata di una utenza propria per i consumi individuali ma vi è anche una utenza intestata al Condominio: ad esempio per l’acqua con cui irrigare il verde, o comunque perchè vanno alimentati impianti o servizi di parti comuni.

Vi sono poi, seppur in numero sempre minore, fabbricati in cui anche per gli usi individuali (per intenderci: dai rubinetti del lavello del bagno e della cucina agli attacchi per boiler, lavatrice e lavastoviglie, così come per wc, bidet, vasca o doccia) l’utenza è rimasta unica, condominiale.

Le spese dell’utenza idrica condominiale come si dividono ?

Una importante pronuncia ha fatto (relativa) chiarezza: si tratta di Cassazione civile sez. II – 01/08/2014, n. 17557, che giova esaminare con qualche approfondimento, anche perchè coinvolge regole e principi fondamentali spesso fraintesi.

Prima, però, alcune precisazioni che possono essere utili.

Sono obbligatori i contatori individuali per singola unità abitativa o produttiva ?

Ci riferiamo, naturalmente, all’ipotesi, pur oramai residuale, che l’utenza condominiale serva anche per utilizzi individuali, all’interno delle singole unità esclusive.

Si sono susseguite, a livello nazionale, in attuazione peraltro di direttive europee, numerose norme:

– la L. 5 gennaio 1994, n. 36, recante Disposizioni in materia di risorse idriche, che all’art. 5, rubricato Risparmio idrico, prevedeva che Il risparmio della risorsa idrica è conseguito, in particolare, mediante la progressiva estensione delle seguenti misure: … c) installazione di contatori in ogni singola unità abitativa nonchè di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano … : norma poi sostituita da

– il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, recante Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, che all’art. 25, rubricato Risparmio idrico, prevedeva che Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l’eliminazione degli sprechi ed in particolare a: … d) installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa nonchè contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano … ; norma sostituita da

– il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale, che all’art. 146 prevede che Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l’Autorità di vigilanzasulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei principi dellalegislazione statale, adottano norme e misure volte a razionalizzarei consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a: f) installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singolaunità abitativa nonchè contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano.

Insomma: direttive CEE, e quindi norme statali che dapprima recepiscono il principio del risparmio idrico e la obbligatorietà dei contatori individuali, e poi delegano l’attuazione alla legislazione regionale.

Il termine per l’attuazione era brevissimo, ma le cose sono andate a macchia di leopardo, e comunque a rilento.

In Veneto, ad esempio, è stata emanata la L.R. 27 aprile 2012 n. 17, recante Disposizioni in materia di risorse idriche, che a sua volta individua degli Ambiti Territoriali Ottimali1 e, in buona sostanza, rimanda a regolamenti degli enti di regolazione e erogazione del servizio idrico, ossia dei Consigli di Bacino e quindi delle Assemblee d’Ambito etc etc

Si può anche sostenere che mancano norme attuative inequivocabilmente cogenti e specificamente sanzionate.

Ma che almeno a livello di principio, europeo e nazionale, i contatori individuali siano obbligatori è incontestabile.

Può però accadere che l’Assemblea, nonostante la … moral suasion dell’Amministratore che non avrà mancato di sensibilizzare in merito, e porre all’odg l’installazione dei contatori, non vi voglia provvedere (o anche, addirittura, che, nonostante una delibera. singoli condòmini frappongano resistenza).

Benchè sia uno scenario che denota mancanza di coesione e reciproca collaborazione, è stato ammesso, da autorevole giurisprudenza di merito, che ciascuno possa provvedere autonomamente, e pretendere che nel riparto se ne tenga conto2.

Il riparto dei consumi dell’utenza condominiale: criterio del valore, criterio dell’utilità, criterio capitario ?

Il principio dettato da Cassazione civile sez. II, 01/08/2014, n.17557

Sulla questione che stiamo esaminando suole essere invocata la pronuncia sopra citata, che enuncia il seguente principio (traiamo pedissequamente dalla motivazione): in tema di condominio, fatta salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese della bolletta dell’acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, va effettuata, ai sensi dell’art. 1123 c.c., comma 1, in base ai valori millesimali delle singole proprietà, sicchè è viziata, per intrinseca irragionevolezza, la delibera assembleare, assunta a maggioranza, che – adottato il diverso criterio di riparto per persona in base al numero di coloro che abitano stabilmente nell’unità immobiliare – esenti al contempo dalla contribuzione i condomini i cui appartamenti siano rimasti vuoti nel corso dell’anno.

Il caso deciso

In quel Condominio, privo di regolamento, le spese per l’acqua potabile erano suddivise in proporzione al numero degli occupanti delle unità immobiliari, con esonero di quelle risultanti, a seguito di indagini dell’amministratore, disabitate.

I proprietari di una unità avevano impugnato la delibera di approvazione del bilancio preventivo, deducendo l’illegittimità del sistema di riparto adottato, fondato non su criteri di legge o in base a norme regolamentari, ma su “un asserito buon senso dei condomini, protrattosi negli anni” (sic !).

Si trattava, quindi, di una utenza condominiale che serviva non solo ad utilizzi comuni, ma anche ad utilizzi individuali, all’interno delle singole unità esclusive.

Non c’erano i contatori.

Non c’era una previsione di regolamento contrattuale.

Un regolamento assembleare stabiliva che, se le unità non erano occupate, non pagavano l’acqua, che in effetti non consumavano.

Stabiliva pure, per analogo ragionamento sulla effettività dell’utilizzo, che anche per l’ascensore venissero parzialmente esonerate le unità che non erano occupate, dando rilievo altresì, per le altre, al numero di occupanti.

Le regole generali del Codice Civile

Può essere noioso aprire il Codice Civile; tuttavia alcune norme sono talmente importanti che merita leggerle, e rileggerle.

Una di queste è l’art. 1123, rubricato Ripartizione delle spese.

Norma importantissima (tanto da aver originato la teoria del condominio parziale, impostasi sia in dottrina che in giurisprudenza), e spessissimo equivocata.

Recita così:

art. 1123 codice civile, Ripartizione delle spesecomma
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.primo
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.secondo
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.terzo

Dunque la norma prevede:

– non solo che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (primo comma) (ossia una ripartizione secondo il valore dell’unità);

– ma anche che se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne (comma secondo) e che qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (terzo comma) (ossia una ripartizione secondo l’utilità del bene).

La giurisprudenza di legittimità3 ha osservato che il primo comma (che esprime il criterio del valore dell’unità) si applica per le cose destinate a servire in modo eguale per tutti i condomini; e, dei successivi commi (che esprimono il criterio dell’utilità del bene), mentre il secondo si applica per le cose destinate a servire in misura diversa, e quindi alcuni condomini più di altri, invece il terzo si applica per le cose destinate a servire solo una parte dell’intero fabbricato (condominio parziale), e quindi alcuni condomini anzichè tutti.

Da ciò possiamo dedurre che il secondo comma commisura la contribuzione ad una utilità diversa, e il terzo comma esclude la contribuzione per l’inesistenza di una utilità; va però detto che molte pronunce riconoscono l’esonero dalle spese anche per ipotesi del secondo comma, osservando che il terzo comma è solo esemplificativo di esso4.

In ogni caso:

– per spese relative a parti dell’edificio che servono in misura uguale i condomini il riparto deve essere effettuato sempre e soltanto secondo i millesimi generali di proprietà (criterio del valore dell’unità, comma primo);

– il riparto deve essere eseguito diversamente dai millesimi generali di proprietà solo ed esclusivamente per spese relative a parti dell’edificio che servono i condomini in misura diversa o servono non a tutti ma solo ad alcuni di loro (criterio dell’utilità del bene, commi secondo e terzo).

Beninteso: la diversa misura dell’uso, o proprio l’assenza di utilità, devono dipendere da oggettive caratteristiche strutturali, e non da soggettive scelte discrezionali5.

Talvolta capita di sentir sostenere che se l’uso è identico il criterio dell’uso porta a dividere in parti uguali a prescindere dai millesimi (c.d. criterio capitario; che equivale a quello, usato soprattutto nel ben diverso contesto del ristorante, quando tra amici si deve pagare il conto di una tavolata, volgarmente detto “alla romana”, ossia in parti uguali), ma una tale affermazione non ha alcun fondamento, ed equivale anzi ad un totale fraintendimento dei criteri in esame: infatti il criterio dell’uso vale solo se l’uso è diverso, mentre se l’uso è uguale vale sempre il criterio del valore.

L’applicazione delle regole da parte della Cassazione

Dunque il principio affermato nella pronuncia che abbiamo citato consiste nell’assunto per cui la ripartizione delle spese della bolletta dell’acqua che serva singole unità esclusive, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ognuna di esse, deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 1123, comma 1, c.c., in base ai valori millesimali.

Leggendo la motivazione si coglie che è stata esclusa la legittimità di applicazioni sommarie del criterio dell’utilizzo, introducendo al posto del criterio potenziale su base legge, previsto appunto dalla legge, un criterio presuntivo su base personale (come talvolta è sostenuto tra unità abitative e unità commerciali: tesi irrazionale già solo considerando che non è affatto detto che le esigenze d’acqua delle seconde siano inferiori alle prime, oltre a non tener conto delle quote fisse per il servizio addebitate dall’acquedotto).

Molto chiari sono infatti alcuni passaggi che traiamo dalla motivazione:

Nel condominio, le spese relative al consumo dell’acqua devono essere ripartite in base all’effettivo consumo se questo è rilevabile oggettivamente con strumentazioni tecniche. Infatti, l’installazione in ogni singola unità immobiliare di un apposito contatore consente, da un lato, di utilizzare la lettura di esso come base certa per l’addebito dei costi, salvo il ricorso ai millesimi di proprietà per il consumo dell’acqua che serve per le parti comuni dell’edificio.

Diverso è il caso in cui le unità immobiliari non siano dotate di contatori di sottrazione.

In tale evenienza – ed è quella che viene in considerazione nella specie – il sistema dell’art. 1123 cod. civ. non ammette che, salvo diversa convenzione tra le parti, il costo relativo all’erogazione dell’acqua, con una delibera assunta a maggioranza, sia suddiviso in base al numero di persone che abitano stabilmente nel condominio e che resti di conseguenza esente dalla partecipazione alla spesa il singolo condomino il cui appartamento sia rimasto disabitato nel corso dell’anno.

Il comma 1 della citata disposizione, infatti, detta un criterio per le spese di tutti i beni e servizi di cui i condomini godono indistintamente, basato su una corrispondenza proporzionale tra l’onere contributivo ed il valore della proprietà di cui ciascuno condomino è titolare.

Lo stesso art. 1123, comma 2 a sua volta, stabilisce che, se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne.

Ora è esatto – ed è stato già sottolineato da questa Corte in una non recente pronuncia (Sez. 2, 10 dicembre 1974, n. 4166) – che questo secondo criterio dal punto di vista pratico richiede ancora un puntuale adattamento al caso singolo per una sua più compiuta specificazione, varie potendo essere le concrete modalità di attuazione del principio che rapporta la spesa all’uso; e che quando detto rapporto può essere tradotto in pratica con più sistemi che attuano, in modo più o meno soddisfacente riguardo alle circostanze del caso, il precetto di legge, la preferenza accordata, in concreto, ad uno di essi non è viziata da illegittimità e sfugge, pertanto, al controllo del giudice.

Ma l’art. 1123 cod. civ., comma 2 non legittima la delibera di suddivisione della spesa nella specie adottata, giacchè il sistema di riparto da essa previsto appare inidoneo, per la sua irrazionalità, a fissare un congruo rapporto tra la spesa e l’uso individuale.

La norma in questione ha infatti riguardo al godimento potenziale che il condomino può ricavare dalla cosa o dal servizio comune, atteso che quella del condomino è una obbligazione propter rem che trova fondamento nel diritto di comproprietà sulla cosa comune, sicchè il fatto che egli non ne faccia uso non lo esonera dall’obbligo di pagamento della spesa.

Sotto questo profilo, va considerato che anche in un appartamento rimasto non abitato possono tuttavia esservi altri usi dell’acqua, ad es. per le pulizie dell’appartamento o per l’annaffiamento delle piante, o perdite d’acqua.

Inoltre, esentare gli appartamenti non abitati dal concorso nella spesa significa sottrarli non solo al costo del consumo idrico imputabile al lavaggio delle parti comuni o all’annaffiamento del giardino condominiale, ma anche a quella parte della tariffa per la fornitura dell’acqua potabile che è rappresentata dal minimo garantito quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore, la quale, parametrata sul numero delle unità immobiliari domestiche facenti parte del condominio, è indipendente dal consumo effettivo.

D’altra parte, stabilire il costo dell’erogazione dell’acqua in base al numero delle persone che risiedono in ogni unità abitativa, significa introdurre, al posto del criterio potenziale su base reale (per il quale ciò che rileva non è il contegno personale dell’uno o dell’altro condomino, ma l’entità del servizio obiettivamente prestato o destinato a prestarsi), un criterio forfettario presuntivo su base personale. Criterio, quest’ultimo, che soltanto apparentemente risponde a esigenze pratiche e di semplificazione, perchè in realtà è fonte di controversie nel momento dell’accertamento, finendo con il rimettere all’amministratore un compito di vigilanza e di controllo – la verifica, al di là dei dati anagrafici, di una stabilità di dimora o di convivenza che si realizza in ogni unità immobiliare – che evidentemente fuoriesce dalle sue attribuzioni, perchè tocca le relazioni personali e di vita di ciascun condomino.

* * *

Riassumendo, sul riparto delle spese dell’utenza idrica condominiale, applicando il principio dettato dalla Cassazione:

– possono prevalere particolari previsioni del regolamento condominiale qualora abbiano natura contrattuale (quindi non se approvate a maggioranza, senza unanimità);

– se l’utenza condominiale serve soltanto per utilizzi comuni (ad esempio per l’acqua con cui irrigare il verde, o comunque perchè vanno alimentati impianti o servizi di parti comuni), il riparto va fatto secondo il criterio del valore, ossia per millesimi;

– se l’utenza condominiale serve anche per utilizzi individuali, all’interno delle singole unità esclusive (per intenderci: dai rubinetti del lavello del bagno e della cucina agli attacchi per boiler, lavatrice e lavastoviglie, così come per wc, bidet, vasca o doccia), il riparto va fatto secondo il criterio dell’utilità in presenza di contatori a sottrazione, e secondo il criterio del valore, ossia per millesimi, in loro mancanza; sono infatti inammissibili ripartizioni che al posto del criterio potenziale su base reale (per il quale ciò che rileva non è il contegno personale dell’uno o dell’altro condomino, ma l’entità del servizio obiettivamente prestato o destinato a prestarsi), un criterio forfettario presuntivo su base personale.

* * *

1 sono otto: a) ambito territoriale ottimale Alto Veneto; b) ambito territoriale ottimale Veneto Orientale; c) ambito territoriale ottimale Laguna di Venezia; d) ambito territoriale ottimale Bacchiglione; e) ambito territoriale ottimale Brenta; f) ambito territoriale ottimale Valle del Chiampo; g) ambito territoriale ottimale Veronese; h) ambito territoriale ottimale Polesine.

2 si veda non solo Tribunale Milano 03/05/2019, n. 4275, ma anche Tribunale Roma 20/04/2021, n.6674

3 si veda Cassazione civile sez. II, 13/07/1996, n. 635918

4 si veda Cassazione civile sez. II, 22/06/1995, n. 707719

5 si veda Cassazione civile sez. II, 29/04/1992, n. 5179

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