CONDOMINIO – Cassazione Civile sez. II, 2.2.23 n. 3192 – Assemblea sulla lite con un singolo condòmino: differenza rispetto all’ipotesi generale di conflitto d’interesse, analogia rispetto alla situazione particolare di condominio parziale

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La Corte di Cassazione affronta il tema dell’assemblea avente per oggetto la lite con un singolo condòmino, e puntualizza la differenza tra tale ipotesi (in cui non sussiste il diritto del condòmino in questione a partecipare e votare) e quella, generale, di conflitto di interessi (in cui il diritto del condòmino in questione a partecipare e votare di per sè non viene meno).

Enuncia il seguente principio di diritto: in ipotesi di deliberazione assembleare volta ad approvare il promovimento o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo condomino, venendosi la compagine condominiale a scindere di fronte al particolare oggetto della lite in base ai contrapposti interessi, non sussiste il diritto del singolo (in quanto portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale) a partecipare all’assemblea, né, quindi, la legittimazione dello stesso a domandare l’annullamento della delibera per omessa, tardiva o incompleta convocazione.

La pronuncia appare interessante, e merita di essere letta, per molti spunti che contiene:

– vi è differenza rispetto all’ipotesi generale di conflitto d’interesse, in cui la deliberazione deve essere presa con il voto favorevole di tanti condomini che rappresentino la maggioranza personale e reale fissata dalla legge e, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria, poichè in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini del conteggio del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto (vedasi infatti Cassazione civile sez. II, 28/09/2015, n. 19131, che riprendeva il precedente di Cassazione civile sez. II, 30/01/2002, n. 1201);

– vi è analogia rispetto all’ipotesi particolare di condominio parziale, che si ha quando all’interno di un condominio, delle parti comuni ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, talune servono soltanto ad una parte dell’intero fabbricato e quindi ad un gruppo dei condomini complessivi: anche in tali casi, infatti, trattandosi di gruppi di interessi diversi, facenti capo a soggetti distinti, differenziate sono l’amministrazione e la rappresentanza, e per i condomini che non hanno la titolarità dei beni di cui si discute non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni (vedasi già Cassazione civile sez. II 27/09/1994, n. 7885 e, più recentemente, Cassazione civile sez. II, 16/01/2020, n. 791).

Civile Ord. Sez. 2 Num. 3192 Anno 3192
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 2/02/2023

(omissis)

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
C* M* ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 993 del 2021, emessa dalla Corte d’appello di Genova, pubblicata in data 1 ottobre 2021.
Resiste con controricorso il Condominio *, che propone anche un motivo di ricorso incidentale.
C* M* ha notificato controricorso per resistere al ricorso incidentale.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis ex D.Lgs. n. 149 del 2022, art. 35.
Le parti hanno depositato memorie.
La Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame avanzato dal condomino C* M* contro la sentenza del Tribunale di Genova, che aveva rigettato l’impugnazione ex art. 1137 c.c. spiegata dal C* M* con riguardo alla deliberazione approvata dall’assemblea del Condominio * in data 19 dicembe 2017. Tale deliberazione riguardava la proposizione di un’azione giudiziaria da parte di C* M* nei confronti del Condominio e l’attore lamentava che l’avviso di convocazione dell’assemblea non gli era stato comunicato nel termine di cui all’art. 66 disp. att. c.c. Il Tribunale aveva argomentato nel senso che il C* M* non aveva interesse ad impugnare la delibera in oggetto, sia perché egli era in conflitto di interessi rispetto all’unico argomento all’ordine del giorno, sia perché in data 28 febbraio 2018 il Condominio aveva adottato una successiva delibera di identico contenuto a quella sub iudice, non impugnata dal C* M*.
La Corte d’appello ha poi rigettato il gravame, osservando che la deliberazione del 19 dicembre 2017 era stata approvata dall’assemblea unicamente per assumere la determinazione di resistere in giudizio a fronte della notifica di un atto di citazione dinanzi al giudice di pace da parte del condomino C* M*, che lamentava infiltrazioni nella sua proprietà esclusiva. Pertanto, secondo la Corte di Genova, “relativamente a tale assemblea ed alla relativa discussione l’appellante si trovava in situazione di conflitto di interessi, di talché si doveva escludere non solo il suo diritto di voto, ma altresì il ricorrere di un interesse a partecipare alla discussione sull’unico argomento all’ordine del giorno, (…) rispetto al quale egli era la controparte del Condominio, come tale portatore di un interesse in conflitto con quello del Condominio stesso”. Inoltre, l’interesse alla impugnazione era altresì da escludere, secondo i giudici di appello, perché in data (omissis) il Condominio aveva approvato altra delibera di identico contenuto che non era stata impugnata.
Quanto al secondo motivo di appello, relativo alla ritenuta erronea compensazione delle spese di lite ad opera del Tribunale, che l’aveva giustificata sulla base “dei motivi della decisione, anche correlati a successiva adozione di ulteriore delibera assembleare”, la Corte di Genova giudicava lo stesso parimenti infondato, in quanto, risultando soccombente il C* M* anche all’esito del giudizio di appello, “le spese del primo grado non possono essere addossate al Condominio appellato, totalmente vittorioso”.
Il ricorso di C* M* contesta, a fronte del suo diritto a far accertare l’invalidità della deliberazione 10 dicembre 2017, il rilievo attribuito alla successiva delibera di identico contenuto del 28 febbraio 2018; lamenta la “insanata ed insanabile irregolarità della convocazione e della costituzione dell’assemblea condominiale del 18-19 febbraio 2017”; assume che “rispetto all’argomento in O.d.G. di quest’ultima riunione, il condomino C* M* avrebbe avuto (seppure escluso dalla relativa votazione sull’unico e conflittuale argomento in O.d.G.) il diritto ed il sicuro interesse, oltre che ad essere ritualmente e tempestivamente preavvisato e convocato, a partecipare alla riunione impugnata, altresì ad accedere e partecipare alla discussione preliminare”; lamenta la violazione degli artt. 112 e 132, n. 4, c.p.c., nonché Cost., 111; quanto al motivo di appello sulla compensazione delle spese di primo grado, lamenta la motivazione meramente apparente.
Il ricorso principale va respinto.
Il ricorso di C* M* non contiene, per ogni motivo, la predisposizione di una sua distinta rubrica, che ne indichi le ragioni di censura necessariamente sussunte in una delle tassative categorie logiche contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1.
La sentenza della Corte d’appello di Genova non è nulla, per violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c. in quanto contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
La deliberazione approvata dall’assemblea del Condominio * in data (omissis) riguardava unicamente un’azione giudiziaria promossa da C* M* nei confronti del Condominio.
E’ noto come l’art. 66, comma 3, disp. att. c.c., a seguito della riformulazione operatane dalla L. n. 220 del 2012, precisa che, in caso di avviso omesso, tardivo o incompleto degli aventi diritto, la deliberazione adottata è annullabile, ma su istanza (soltanto) dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati. La Riforma del 2012 ha così tratto le necessarie conseguenze sotto il profilo processuale dalla sistemazione della fattispecie dell’omessa convocazione nell’ambito dei rimedi sostanziali operata da Cass. Sez. Unite, 07/03/2005, n. 4806, spettando la legittimazione alla domanda di annullamento solo alla parte nel cui interesse esso è stabilito dalla legge (si vedano anche Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 18/04/2014, n. 9082; Cass. Sez. 2, 13/05/2014, n. 10338).
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, allora, nell’ipotesi di controversia tra condominio e uno o più condomini, la compagine condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti la maggioranza, sia rappresentato dall’amministratore, con la conseguenza che si considera nulla per impossibilità dell’oggetto la deliberazione dell’assemblea che, con riferimento ad un giudizio che veda, appunto, contrapposti il condominio ed un singolo condomino, ponga anche a carico di quest’ultimo, pro quota, l’obbligo di contribuire alle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore o del consulente tecnico di parte nominati in tale processo, trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino, e neppure, perciò, trovando applicazione in tale ipotesi l’art. 1132 c.c. (Cass. Sez. 2, 23/01/2018, n. 1629; Cass. Sez. 2, 18/06/2014, n. 13885; Cass. Sez. 2, 25/03/1970, n. 801).
La considerazione di tale scissione della compagine condominiale in due gruppi di partecipanti, portatori di contrapposti interessi, in quanto gli uni promotori dell’azione su cui si debba deliberare e l’altro o gli altri, come nella specie, destinatari di tale azione che il condominio voglia intentare, non può non determinare implicazioni sullo stesso diritto di partecipare all’assemblea, sul modello di quanto avviene in situazioni di condominio parziale, ragion per cui si modifica la stessa composizione del collegio e delle maggioranze (arg. da Cass. Sez. 2, 27/09/1994, n. 7885).
La fattispecie che vede, in relazione alla delibera assembleare volta a promuovere una lite o a resistere ad una domanda, uno o più condomini controparti processuali dei restanti partecipanti al condominio, non va pertanto ricondotta alla disciplina del conflitto di interessi (come erroneamente affermato in motivazione dalla Corte d’appello di Genova), estesa dall’art. 2373 c.c., giacché quest’ultimo si manifesta soltanto in sede di assemblea al momento dell’esercizio del potere deliberativo e verte sul contrasto tra l’interesse proprio del partecipante al voto collegiale e quello comune all’intera collettività e perciò anche a lui stesso, il che induce a computare quest’ultimo ai fini sia del “quorum” costitutivo che di quello deliberativo, salva la sola facoltà di astenersi dall’esercitare il diritto di voto (Cass. Sez. 2, 28/09/2015, n. 19131). Viceversa, con riguardo alla deliberazione assembleare relativa alla controversia tra il condominio ed il singolo condomino, quest’ultimo, come detto, si pone come portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale.
Neppure è giuridicamente configurabile quello che il ricorrente delinea come “interesse… ad accedere e partecipare alla discussione preliminare”. All’assemblea devono essere convocati gli aventi diritto ad intervenirvi ed a votare (art. 1136, comma 6, c.c. e art. 66, comma 3, disp. att. c.c.), integrando la preventiva convocazione un requisito essenziale per la validità della deliberazione. Non esiste un distinto diritto alla convocazione per la sola fase preparatoria della riunione, consistente nel dibattito antecedente al momento deliberativo, in quanto l’intervento del partecipante nella discussione assembleare (al di fuori della peculiare ipotesi prevista dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 10, comma 2,) è finalizzato a portare a conoscenza degli altri presenti le ragioni del proprio voto di assenso o dissenso sull’argomento contenuto nell’ordine del giorno.
La decisione della Corte d’appello di Genova, in definitiva, è corretta in diritto, alla stregua del seguente principio:
in ipotesi di deliberazione assembleare volta ad approvare il promovimento o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo condomino, venendosi la compagine condominiale a scindere di fronte al particolare oggetto della lite in base ai contrapposti interessi, non sussiste il diritto del singolo (in quanto portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale) a partecipare all’assemblea, né, quindi, la legittimazione dello stesso a domandare l’annullamento della delibera per omessa, tardiva o incompleta convocazione.
Ribadita la soccombenza dell’attore con riguardo alla domanda proposta per effetto del rigetto del primo motivo d’appello, la Corte di Genova ha perciò affermato che fosse assorbita la censura sulla compensazione delle spese processuali di primo grado disposta dal Tribunale, non avendo il soccombente interesse ad impugnare la motivazione addotta dal giudice per sostenere la valutazione di opportunità della compensazione, ai sensi dell’art. 92 c.p.c.
L’unico motivo del ricorso incidentale del Condominio * allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e la nullità della sentenza per omessa motivazione, quanto alla compensazione delle spese di primo grado, precisando di aver “ribadito” in appello la richiesta del favore delle spese anche per il giudizio di primo grado, come si può evincere dalle conclusioni rassegnate in tale sede.
Il ricorso incidentale è inammissibile.
La parte convenuta, vittoriosa nel merito, in caso di compensazione delle spese processuali disposta dal giudice di primo grado, ove sia destinataria di impugnazione principale ad opera dell’attore soccombente, è tenuta a proporre appello incidentale se voglia conseguire il pagamento delle spese del doppio grado, non potendo il giudice d’appello, in difetto di detta impugnazione incidentale, modificare in senso favorevole al convenuto la pronuncia sulle spese della precedente fase e restando conseguentemente inammissibile il ricorso per cassazione proposto sul punto.
Il ricorso principale va dunque rigettato, mentre va dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, compensandosi per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione in ragione della reciproca soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da parte sia del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per le rispettive impugnazioni, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile

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