CONDOMINIO – Cassazione Civile sez. III, 6.12.23 n. 34220 – Cassazione Civile sez. III, 28.12.23 n. 36283 – Ancora sui condòmini in regola con la contribuzione alle spese quali “fidejussori ex lege” del condòmino moroso e … sull’efficacia estintiva del pagamento diretto

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A febbraio ’23 una notevole pronuncia della Corte di Cassazione (Sezione II 17.2.2023, n. 5043, Estensore Scarpa: segnalata in questo sito qui) enunciò degli importanti principi relativamente all’assetto di responsabilità per le obbligazioni del Condominio siccome delineato dal testo attualmente vigente dell’art. 63 disp.att. cod.civ. (… l’amministratore … è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini.), siccome modificato dalla legge di riforma (l. 220/2012), dopo il revirement che negò la natura di obbligazioni solidali affermando quella di obbligazioni parziarie (Sezioni Unite 8.4.08, n. 9148, Estensore Corona); e ciò aveva fatto parlando, circa l’obbligazione di garanzia dei condòmini in regola con i pagamenti, di fideiussori, sia pure ex lege.

A dicembre ’23 sono intervenute altre due pronunce della Corte di Cassazione (Sezione III 6.12.23, n. 34220, e Sezione III 28.12.23, n. 36283, Estensore Tatangelo in entrambi i casii) che hanno aggiunto ulteriori “principi”, e alcuni “corollari”.

ULTERIORI PRINCIPI SULL’OBBLIGAZIONE SUSSIDIARIA DI GARANZIA E SUL BENEFICIO DELLA PREVENTIVA ESCUSSIONE

Le pronunce 6.12.23 n. 34220 e 28.12.23 n. 36283 fanno anzitutto propri i principi già espressi, pochi mesi prima, dalla pronuncia 17.2.23 n. 5043, e ne dettano di ulteriori.

Allora era stato affermato che ferma restando la natura parziaria delle obbligazioni condominiali:
a) i condomini “in regola coi pagamenti” possono essere aggrediti esecutivamente, in caso di insolvenza dei condomini “morosi”, anche per la quota dell’obbligazione condominiale gravante su questi ultimi: sui primi, pertanto, grava una obbligazione sussidiaria di garanzia per le obbligazioni dei secondi, modellata come una sorta di fideiussione ex lege;
b) i condomini in regola coi pagamenti vantano, però, nei confronti del creditore del condominio, un beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi.

Ora, per il più ragionevole contemperamento tra l’esigenza del creditore del condominio di essere regolarmente e tempestivamente soddisfatto e l’esigenza di tutela dei singoli condomini che abbiano regolarmente adempiuto alle proprie obbligazioni, nei rapporti con quelli che non lo abbiano fatto, si afferma:
1) l’onere di preventiva escussione dei condomini “morosi” gravante, ai sensi dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., sul creditore solo parzialmente soddisfatto e munito di titolo esecutivo, non ha ad oggetto la sola somma corrispondente alla quota millesimale del condomino moroso sull’importo residuo dell’obbligazione di cui al titolo esecutivo, ma l’intero importo della suddetta “morosità”, cioè l’intera originaria quota dell’obbligazione condominiale imputabile al singolo condomino, detratto quanto eventualmente già pagato al creditore dall’amministratore, in nome e per conto di detto condomino, in virtù dei versamenti dallo stesso effettuati nelle casse condominiali, secondo l’imputazione comunicata ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., e/o quanto versato direttamente dal singolo condomino al terzo;
2) la quota del debito condominiale gravante sul singolo condomino contro il quale il creditore abbia agito in via esecutiva in base all’art. 63 disp. att. c.p.c., in caso di contestazioni espresse in sede di opposizione all’esecuzione – e fermo restando che spetta al condomino intimato l’onere di allegare e provare che detta quota sia diversa da quella indicata dal creditore – va determinata: a) in base alla delibera condominiale di riparto della spesa; b) se una delibera manchi o sia venuta meno, all’esito di una valutazione sommaria del giudice dell’opposizione all’esecuzione, ai soli fini dell’azione esecutiva in corso, tenendo conto delle indicazioni dell’amministratore, degli elementi certi disponibili ed eventualmente, in mancanza, facendo ricorso alla tabella millesimale generale; in tali casi restano tuttavia salve le eventuali successive appropriate azioni di rivalsa interna tra condomini.

Logico, condivisibile, e anche invero di portata pratica piuttosto limitata (il creditore – l’impresa che ha eseguito dei lavori, o un professionista che ha reso prestazioni, come anche l’ex amministratore, o un qualsiasi fornitore – presumibilmente avrà già ottenuto titolo esecutivo nei confronti del Condominio per l’intero importo, e nel farlo valere nei confronti dei condòmini dovrà fare attenzione, quando escute il moroso, all’importo che indica in precetto).

IL “COROLLARIO” SULL’ADEMPIMENTO DIRETTO DA PARTE DEL SINGOLO CONDOMINO NEI CONFRONTI DEL CREDITORE DEL CONDOMINIO

Le pronuncia 6.12.23 n. 34220, però, prima di dettare i principi integrativi di quelli di partenza, enuncia anche i seguenti “corollari” dei principi stessi (punto 1.2.4):
a) se il singolo condomino adempie direttamente nei confronti del creditore del condominio, l’obbligazione (parziaria) di quel condomino nei confronti di quest’ultimo sarà ovviamente estinta; dunque, il creditore non potrà affatto procedere ulteriormente nei suoi confronti;
b) se uno o più singoli condomini versano il relativo importo all’amministratore, ma non altrettanto facciano tutti gli altri condomini, fermo restando che le obbligazioni dei primi nei confronti del creditore potranno dirsi estinte solo a seguito del versamento della provvista in favore di quest’ultimo da parte dell’amministratore, sorge l’esigenza di non pregiudicare i condomini che abbiano regolarmente provveduto a versare i contributi dovuti, rispetto a quelli che non lo abbiano fatto (rendendosi, così, “morosi” sia nei confronti del creditore che nei confronti dello stesso amministratore del condominio).

Dunque si afferma l’efficacia estintiva del pagamento effettuato dal singolo condòmino direttamente nelle mani del creditore del Condominio: il che costituisce una novità (che lascia perplessi e suscita preoccupazioni, per la possibile interferenza della iniziativa individuale sulla gestione collettiva) rispetto all’impostazione sinora nota, che invece una efficacia siffatta negava.

Cassazione civile sez. VI, 17.2.2014, n. 3636, Estensore Bianchini, aveva ritenuto che ponendosi il Condominio, nei confronti dei terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini – attinenti alle parti comuni -, l’amministratore dello stesso assume la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini sia nella fase di assunzione di obblighi verso terzi per la conservazione delle cose comuni sia, all’interno della collettività condominiale, come unico referente dei pagamenti ad essi relativi, così che non è idoneo ad estinguere il debito pro quota del singolo condomino, il pagamento diretto eseguito a mani del creditore del Condominio le volte in cui il creditore dell’ente di gestione non si sia a sua volta munito di titolo esecutivo nei confronti del singolo condomino.

Cassazione civile sez. VI, sottosezione II, 9.6.2017, n. 14530/2017, Estensore Scarpa (citando anche il prevedente di Cassazione civile sez. II, 29.1.2013, n. 2049, Estensore D’Ascola), aveva ritenuto che l’amministratore è l’unico referente dei pagamenti relativi agli obblighi assunti verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, di tal che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c.; il singolo condomino è pur sempre obbligato a pagare al condominio, e non al terzo, le spese dovute in forza dei criteri di riparto ex lege o da convenzione, nè può utilmente opporre all’amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si assume, ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio.

* * *

Civile Ord. Sez. 3 Num. 34220 Anno 2023
Presidente: ROSSETTI MARCO
Relatore: TATANGELO AUGUSTO
Data pubblicazione: 06/12/2023

(omissis)

Fatti di causa
La I* S.n.c., ottenuto un decreto ingiuntivo esecutivo per il pagamento della somma di Euro 29.000,00 nei confronti del condominio del fabbricato sito in Bassano del Grappa, denominato “C”, quale residuo non pagato del corrispettivo dovuto per un contratto di appalto, ha intimato tre distinti precetti di pagamento alle condomine Z*, F*E* e F*A*, per un complessivo importo di Euro 26.753,94, pari a quello della loro morosità comunicata dall’amministratore del condominio ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c..
L’opposizione è stata parzialmente accolta dal Tribunale di Vicenza, il quale ha dichiarato inefficaci gli atti di precetto opposti per la parte eccedente la rispettiva quota di partecipazione al condominio delle tre intimate in relazione all’importo di cui al titolo esecutivo, condannando la società intimante a restituire la differenza frattanto incassata, per Euro 7.897,29 in favore della Z* e per Euro 12.134,02 ciascuna in favore delle F*.
La Corte d’appello di Venezia, in riforma della decisione di primo grado, ha invece rigettato integralmente l’opposizione.
Ricorrono per cassazione Z*, F*E* e F*A*, sulla base di sette motivi.
Resiste con controricorso la I* S.n.c..
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3) c.p.c. con riferimento agli artt. 752,1295 c.c. e 63 disp. att. c.c.: la Corte d’Appello ha violato i principi di diritto in materia di natura parziaria dell’obbligazione contrattuale dei condomini per le spese sulle parti comuni del condominio”.
Secondo le ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe erroneamente individuato l’importo per il quale la società intimante aveva diritto di procedere ad esecuzione forzata nei loro confronti, determinandolo sulla base della proporzione tra la loro quota di partecipazione al condominio in millesimi e l’intero corrispettivo dovuto alla I* S.n.c. per i lavori eseguiti (pari ad Euro 178.609,04).
In contrario, sostengono una tesi così riassumibile:
– il credito posto a base degli atti di precetto dalla I* S.n.c., di cui al titolo esecutivo formatosi contro il condominio, ammontava ad Euro 26.753,94;
– esse erano titolari, complessivamente, di soli 266,548 millesimi;
– pertanto, le rispettive obbligazioni non avrebbero potuto eccedere l’importo complessivo di Euro 7.141,90 (Euro 26.753,94 / 1.000 * 266,948).
Aggiungono che la delibera condominiale con la quale era stato approvato il riparto della spesa e sulla base della quale l’amministratore aveva comunicato alla società creditrice i dati relativi alle morosità nei pagamenti dei singoli condomini, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., era stata impugnata ed annullata in sede giudiziaria, onde di essa non poteva tenersi conto.
In subordine, sostengono che, anche ad ammettere che la quota di debito su di loro gravante si dovesse calcolare assumendo come base l’intero corrispettivo dovuto alla I* S.n.c. e non la sola quota insoluta di esso, in ogni caso la corte d’appello aveva erroneamente determinato il residuo ancora da loro esigibile, avendo esse già versato un acconto di Euro 27.198,00 all’amministratore e dovendo, di conseguenza, ancora versare al massimo Euro 20.481,33.

1.2.1 L’esame del primo motivo di ricorso impone a questa Corte di affrontare le seguenti questioni di diritto: a) in quale misura il singolo condomino è assoggettato all’azione esecutiva del creditore che abbia ottenuto, nei confronti dell’ente di gestione, un titolo di condanna per il saldo di un debito condominiale; b) quali eccezioni egli può opporre al creditore, in base all’art. 63 disp. att. c.p.c., in particolare con riguardo alla individuazione della esatta quota dell’obbligazione condominiale su di lui gravante.

1.2.2 I primi due commi dell’art. 63 disp. att. c.p.c. dispongono quanto segue: “Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi” (comma 1); “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini” (comma 2).

1.2.3 Tale norma è già stata interpretata da questa Corte (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 5043 del 17/02/2023, Rv. 667152 – 01) nel senso che, ferma restando la natura parziaria delle obbligazioni condominiali:
a) i condomini “in regola coi pagamenti” possono essere aggrediti esecutivamente, in caso di insolvenza dei condomini “morosi”, anche per la quota dell’obbligazione condominiale gravante su questi ultimi: sui primi, pertanto, grava una obbligazione sussidiaria di garanzia per le obbligazioni dei secondi, modellata come una sorta di fideiussione ex lege;
b) i condomini in regola coi pagamenti vantano, però, nei confronti del creditore del condominio, un beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi.

1.2.4 L’applicazione di questi principi al caso, come quello di specie, in cui il creditore del condominio sia stato soddisfatto solo parzialmente del proprio credito, comporta – ad avviso di questa Corte – i seguenti corollari:
a) se il singolo condomino adempie direttamente nei confronti del creditore del condominio, l’obbligazione (parziaria) di quel condomino nei confronti di quest’ultimo sarà ovviamente estinta; dunque, il creditore non potrà affatto procedere ulteriormente nei suoi confronti;
b) se uno o più singoli condomini versano il relativo importo all’amministratore, ma non altrettanto facciano tutti gli altri condomini, fermo restando che le obbligazioni dei primi nei confronti del creditore potranno dirsi estinte solo a seguito del versamento della provvista in favore di quest’ultimo da parte dell’amministratore, sorge l’esigenza di non pregiudicare i condomini che abbiano regolarmente provveduto a versare i contributi dovuti, rispetto a quelli che non lo abbiano fatto (rendendosi, così, “morosi” sia nei confronti del creditore che nei confronti dello stesso amministratore del condominio).
E’ opportuno precisare che tali conclusioni potrebbero apparire in contrasto con quanto affermato in un (non recente) precedente di questa Corte in ordine al difetto di efficacia estintiva dei pagamenti effettuati dal singolo condomino direttamente nelle mani del creditore del condominio non munito di uno specifico titolo esecutivo nei confronti dello stesso singolo condomino (Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 3636 del 17/02/2014, Rv. 629424 – 01).
In proposito, tuttavia, va sottolineato che la suddetta affermazione costituisce un mero obiter dictum, nell’ambito di una decisione relativa a una fattispecie concreta del tutto diversa dalla presente, in cui alcuni condomini avevano agito contro altri condomini per ottenere il rimborso di quanto pagato al creditore comune; d’altra parte, in quella ipotesi la questione della possibilità per il singolo condomino di pagare la propria quota parziaria dell’obbligazione condominiale direttamente nelle mani del creditore dell’ente di gestione non era specificamente oggetto del ricorso, avendo le parti fondato le proprie difese sul precedente (e ormai superato) indirizzo interpretativo secondo il quale per le obbligazioni condominiali sussisterebbe responsabilità solidale di tutti i condomini.
In ogni caso, la Corte ritiene che, in base agli attuali indirizzi interpretativi in ordine alla natura parziaria della responsabilità dei singoli condomini per le obbligazioni condominiali, le quali si dividono e gravano, pertanto, pro parte, sui singoli condomini, deve necessariamente ammettersi che ciascuno di questi, così come è soggetto all’azione di cognizione del creditore, nonché all’azione esecutiva dello stesso, anche sulla base di un titolo esecutivo formatosi nei confronti del solo ente di gestione, per il recupero della quota dell’obbligazione condominiale che grava su di lui, è del pari legittimato ad estinguere tale sua obbligazione (parziaria) direttamente nei confronti del creditore, anche al fine di evitare di essere assoggettato a tali azioni (e ai relativi maggiori costi).
Va, altresì, precisato che non viene direttamente in rilievo, nella presente fattispecie, la problematica relativa ai rapporti tra il pagamento diretto della propria quota dell’obbligazione condominiale, eseguito dal singolo condomino a mani del creditore del condominio, e l’obbligazione dello stesso avente ad oggetto i contributi da versare all’amministratore ai sensi dell’art. 1123 c.c. ai fini del pagamento della medesima obbligazione condominiale (l’autonomia dei due rapporti obbligatori è espressamente affermata da Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 10371 del 20/04/2021, Rv. 661618 – 02).
E’ peraltro evidente che, nella ricostruzione sin qui esposta, sia per coerenza logica che sulla base della piana applicazione dei principi di diritto che regolano le modalità di estinzione delle obbligazioni parziarie, dovrebbe escludersi che il singolo condomino che abbia già estinto la propria obbligazione parziaria, pagando direttamente al creditore del condominio quanto dovuto, possa poi essere tenuto a versare nuovamente all’amministratore quello stesso importo: tale ultimo versamento e’, infatti, da ritenersi comunque finalizzato alla formazione della provvista necessaria all’estinzione della complessiva obbligazione condominiale da parte dell’amministratore, quale rappresentate dei condomini e nell’interesse di questi ultimi; onde, se quell’obbligazione è stata già estinta nella parte gravante sul singolo condomino, e fermo restando l’obbligo di garanzia dovuto da quest’ultimo per le quote dei condomini morosi insolventi, non avrebbe più fondamento la pretesa dell’amministratore del condominio al versamento dell’intera provvista da parte di tutti i condomini, anche quelli da ritenersi in regola con i pagamenti per avere già estinto la propria obbligazione parziaria.

1.2.5 Sulla base delle premesse sin qui esposte, deve ritenersi che l’espressione “condomini morosi” di cui all’art. 63 disp. att. c.p.c. indica i condomini che non hanno versato all’amministratore del condominio la loro quota della provvista necessaria al pagamento del terzo creditore e che, d’altra parte, non abbiano neanche estinto autonomamente la propria quota dell’obbligazione condominiale, pagando direttamente a quest’ultimo, mentre l’espressione “condomini in regola con i pagamenti” indica quelli che abbiano estinto la propria quota dell’obbligazione condominiale, mediante pagamento diretto del relativo importo al creditore, ovvero mediante pagamento in favore di quest’ultimo effettuato dall’amministratore con la provvista da loro fornita.
In tale ottica, la comunicazione dell’amministratore al creditore relativa ai dati dei condomini “morosi”, prevista dal comma 1 dell’art. 63 disp. att. c.c., consente di imputare il pagamento effettuato dall’amministratore stesso ad estinzione delle sole quote dell’obbligazione condominiale dei condomini che hanno regolarmente contribuito alla formazione della relativa provvista, i quali possono così definirsi “in regola con i pagamenti”, lasciando invece insolute le quote dell’obbligazione condominiale dei condomini che non abbiano versato i contributi dovuti.
In questo modo (e solo in questo modo) si determina il più ragionevole contemperamento tra l’esigenza del creditore del condominio di essere regolarmente e tempestivamente soddisfatto e l’esigenza di tutela dei singoli condomini che abbiano regolarmente adempiuto alle proprie obbligazioni, nei rapporti con quelli che non lo abbiano fatto.
La tutela del creditore è adeguatamente assicurata, potendo egli agire sempre liberamente, senza vincoli, nei confronti di tutti i condomini (abbiano essi o meno versato all’amministratore la loro quota di contributi dovuti), per l’adempimento delle relative quote dell’obbligazione condominiale ancora insoddisfatte (quindi, complessivamente, per il suo intero credito); egli non potrà, invece, agire affatto, a tale titolo, nei confronti dei condomini che abbiano estinto la loro posizione obbligatoria (pagando direttamente a lui o tramite il pagamento dell’amministratore con la provvista da loro fornita), contro i quali potrà esperire esclusivamente l’azione sussidiaria di garanzia di cui all’art. 63 disp. att. c.c., previa escussione dei condomini insolventi.
La tutela dei condomini “diligenti” è altrettanto adeguatamente assicurata dalla possibilità di pagare direttamente al creditore la loro quota dell’obbligazione condominiale e di ottenere, altresì, l’imputazione a tale titolo di tutti i pagamenti effettuati dall’amministratore con la provvista da loro versata, mediante la comunicazione di cui all’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., in modo da rimanere esposti ad eventuale responsabilità per importi superiori a quelli effettivamente dovuti solo in virtù dell’obbligo sussidiario di garanzia introdotto dal comma 2 della medesima norma, che però è condizionato alla previa vana escussione dei condomini morosi.
D’altra parte, è ragionevole escludere che possano risolversi in un oggettivo pregiudizio per le giuste ragioni di credito del terzo estraneo al condominio, specie se consacrate in un titolo esecutivo, le eventuali vicende, certamente non fisiologiche (ma ciò nonostante in astratto sempre possibili), in virtù delle quali i contributi versati dai condomini all’amministratore, cioè al proprio rappresentante comune, al fine di estinguere l’obbligazione condominiale, possano essere distratti dal loro scopo. La finale tutela dei condomini, in tali ipotesi patologiche, che sono comunque riconducibili ai loro rapporti interni ovvero ai rapporti con il loro rappresentante (ed ai quali è del tutto estraneo il terzo creditore), è del resto adeguatamente garantita attraverso l’esperimento delle eventuali possibili azioni risarcitorie o, in ultima analisi, delle appropriate azioni di rivalsa interna tra gli stessi partecipanti al condominio.

1.2.6 Alla ricostruzione sistematica appena esposta, consegue che l’onere di preventiva escussione dei condomini “morosi” di cui all’art. 63 disp. att. c.c. non può che riguardare l’intero importo della loro “morosità”, nel senso fin qui chiarito.
E’, pertanto, infondata la censura in diritto posta con il motivo di ricorso in esame dalle ricorrenti, secondo le quali la loro responsabilità, in virtù della natura parziaria delle obbligazioni condominiali, dovrebbe intendersi limitata alla rispettiva quota millesimale di partecipazione al condominio, in relazione al solo importo residuo dell’obbligazione originaria, consacrato nel titolo esecutivo azionato.

1.3 Le ricorrenti sostengono, altresì, che la limitazione della loro responsabilità alla rispettiva quota millesimale dell’importo portato dal titolo esecutivo deriverebbe anche dalla circostanza che sarebbe stata annullata la deliberazione dell’assemblea del condominio con la quale era stata approvata la relativa spesa straordinaria, nonché i criteri della sua ripartizione tra i condomini, così individuando la somma da loro dovuta a tale titolo.
Anche questa censura è infondata.
La ripartizione interna della spesa tra i condomini attiene al piano dei rapporti interni tra questi ultimi: le relative questioni non possono pregiudicare, oltre un ragionevole limite, il diritto del creditore, che abbia già conseguito un titolo esecutivo nei confronti del condominio, di vedere soddisfatto integralmente il proprio credito (naturalmente nel rispetto delle modalità previste dalla legge).
Deve, quindi, in primo luogo escludersi che l’annullamento (o la mancata adozione) della deliberazione condominiale di approvazione della spesa e di ripartizione di essa tra i condomini, laddove esista un titolo esecutivo contro il condominio, impedisca in radice al creditore di porre in esecuzione detto titolo nei confronti dei singoli condomini (ferma la natura parziaria dell’obbligazione condominiale).
In tal caso, dovranno ritenersi applicabili i principi generali in ordine alle obbligazioni parziarie, nonché quelli in tema di distribuzione dei relativi oneri di allegazione e prova, come già chiarito da questa Corte in fattispecie analoga (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22856 del 29/09/2017, Rv. 645511 – 01), per cui spetterà al condomino intimato eventualmente allegare e provare, proponendo una opposizione all’esecuzione, che la quota dell’obbligazione condominiale gravante su di lui è diversa da quella indicata dal creditore procedente.
Poiché, peraltro, non può ammettersi che la soddisfazione delle ragioni di un creditore munito di titolo esecutivo nei confronti del condominio (e, quindi, nei confronti di tutti i condomini) sia impedita o ritardata fino alla definitiva risoluzione delle questioni interne al condominio in ordine ai criteri di ripartizione della relativa obbligazione (che, peraltro, richiederebbe l’estensione del contraddittorio a tutti i condomini o, almeno, all’amministratore, ai fini del giudicato), nei rapporti con il terzo creditore che agisca in via esecutiva contro un singolo condomino si potrà e dovrà effettuare, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, una valutazione sommaria, ai soli fini dell’azione esecutiva in corso, tenendo conto delle indicazioni provenienti dall’amministratore, ovvero degli ulteriori elementi certi disponibili che inducano a ritenere corretto un determinato criterio di ripartizione della spesa, anche eventualmente, in mancanza, con riferimento alla quota millesimale generale di ciascun condomino (che costituisce l’indice generale della partecipazione del singolo al condominio e, dunque, alle relative obbligazioni), come è sostanzialmente avvenuto nel caso di specie. Resteranno salve, naturalmente, in tali ipotesi, tutte le eventuali successive appropriate azioni di rivalsa interna tra i condomini. Resta fermo anche in tal caso, peraltro, che i condomini “morosi” rispondono nei confronti del terzo creditore in misura corrispondente alla loro “morosità”, in relazione all’intera loro originaria quota dell’obbligazione condominiale, come precedentemente chiarito e come nella sostanza correttamente ritenuto nella sentenza impugnata.
Anche sotto i profili in esame, di conseguenza, le censure di cui al ricorso devono ritenersi infondate.

1.4 Per quanto, infine, riguarda l’accertamento in concreto dell’effettivo quantum della “morosità”, anche in relazione alla prova dei versamenti già effettuati in favore dell’amministra-tore del condominio e da questi utilizzati per i pagamenti parziali al creditore, nonché alla loro esatta imputazione, si tratta di un accertamento di fatto riservato al giudice del merito (cfr. espressamente in tal senso, la già richiamata Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 5043 del 17/02/2023, Rv. 667152 – 01, in motivazione: “L’accertamento in ordine alla morosità del condomino o alla regolarità dei suoi pagamenti costituisce apprezzamento di fatto spettante al giudice del merito”).
Tale accertamento, nella specie, risulta correttamente effettuato dalla corte d’appello, sulla base della prudente valutazione delle prove disponibili (in particolare, sulla base della valutazione degli elementi emergenti dagli stessi atti del giudizio all’esito del quale era stata annullata la deliberazione di approvazione e ripartizione della spesa relativa al credito per cui è causa); esso è sostenuto da adeguata motivazione, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico e, come tale, non è sindacabile nella presente sede.
Le censure aventi ad oggetto la corretta individuazione della misura della effettiva “morosità”, in mancanza, peraltro, di una specifica contestazione dell’eventuale omesso esame di fatti decisivi e controversi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non possono, quindi, trovare ingresso nella presente sede.

1.5 Va, in definitiva, confermata la decisione impugnata, in relazione ai punti in contestazione con il motivo di ricorso in esame, sulla base dei seguenti principi di diritto:
“l’onere di preventiva escussione dei condomini “morosi” gravante, ai sensi dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c., sul creditore solo parzialmente soddisfatto e munito di titolo esecutivo, non ha ad oggetto la sola somma corrispondente alla quota millesimale del condomino moroso sull’importo residuo dell’obbligazione di cui al titolo esecutivo, ma l’intero importo della suddetta “morosità”, cioè l’intera originaria quota dell’obbligazione condominiale imputabile al singolo condomino, detratto quanto eventualmente già pagato al creditore dall’amministratore, in nome e per conto di detto condomino, in virtù dei versamenti dallo stesso effettuati nelle casse condominiali, secondo l’imputazione comunicata ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., e/o quanto versato direttamente dal singolo condomino al terzo”;
“la quota del debito condominiale gravante sul singolo condomino contro il quale il creditore abbia agito in via esecutiva in base all’art. 63 disp. att. c.p.c., in caso di contestazioni espresse in sede di opposizione all’esecuzione – e fermo restando che spetta al condomino intimato l’onere di allegare e provare che detta quota sia diversa da quella indicata dal creditore – va determinata: a) in base alla delibera condominiale di riparto della spesa; b) se una delibera manchi o sia venuta meno, all’esito di una valutazione sommaria del giudice dell’opposizione all’esecuzione, ai soli fini dell’azione esecutiva in corso, tenendo conto delle indicazioni dell’amministratore, degli elementi certi disponibili ed eventualmente, in mancanza, facendo ricorso alla tabella millesimale generale; in tali casi restano tuttavia salve le eventuali successive appropriate azioni di rivalsa interna tra condomini”.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3) c.p.c. con riferimento agli artt. 647 c.p.c. e 2909 c.c.: la Corte d’Appello ha statuito su un debito di importo superiore a quello portato dal titolo esecutivo”.
Con il terzo motivo si denunzia “Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 n. 4) c.p.c. con riferimento agli artt. 342 c.p.c. e 101 c.p.c. per avere la Corte d’Appello statuito su questione non dedotta come motivo d’appello con violazione del principio del contraddittorio”.
Con il quarto motivo si denunzia “Nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 n. 4) c.p.c. con riferimento all’art. 112 c.p.c. (ultrapetizione)”.
Con il quinto motivo si denunzia “Nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art. 360 n. 4) c.p.c. con riferimento alla Cost., artt. 111 e 132 n. 4) c.p.c. (motivazione apparente o perplessa)”.
Il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo sono logicamente e giuridicamente connessi e possono, pertanto, essere esaminati congiuntamente.
Le ricorrenti deducono che il titolo esecutivo formatosi nei confronti del condominio recava una condanna per il solo importo di Euro 29.000,00 solo in tali limiti poteva, pertanto, ritenersi vincolante per i singoli condomini e solo in tali limiti era stato in effetti dedotto dalla società creditrice a fondamento del gravame avverso la sentenza di primo grado. La corte d’appello, a loro dire in violazione dei principi sugli effetti del giudicato e sui limiti devolutivi dell’appello, nonché del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con motivazione logicamente contraddittoria, lo avrebbe invece ritenuto vincolante anche per la maggior somma costituente l’intero corrispettivo dell’appalto stipulato dal condominio con ICE S.n.c., non oggetto del titolo. Si tratta di censure infondate.
Si premette che la decisione impugnata risulta conforme all’orientamento di questa Corte (riferito espressamente alle sentenze, ma certamente estensibile a tutti i titoli di formazione giudiziale e, in particolare, al decreto ingiuntivo), cui si ritiene di dover dare continuità (e che del resto non è neanche oggetto di specifiche contestazioni, nel ricorso), secondo il quale la statuizione recante condanna del condominio per un credito vantato da chi abbia contrattato con l’amministratore equivale a sentenza di condanna e, quindi, a titolo esecutivo nei confronti di tutti i condomini, anche se essi non abbiano assunto le vesti di parti in senso formale del giudizio promosso dal terzo creditore nei confronti dell’amministratore, per non esser stati personalmente evocati in giudizio, e quindi neppure individuati nominativamente nel provvedimento di condanna (Cass. Sez. 2, 14/10/2004, n. 20304; Cass., Sez. U, 08/04/2008, n. 9148; Cass. Sez. 3, 29/09/2017, n. 22856; Cass. Sez. 3, 27/06/2022, n. 20590).
E’, d’altronde, altrettanto consolidato il principio (che le medesime ricorrenti riconoscono, senza contestarlo) secondo il quale l’autorità del giudicato (e, in generale, delle pronunzie giudiziarie, anche non ancora passate in giudicato) spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita oggetto della statuizione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico.
Secondo le ricorrenti, peraltro, nella specie la corte d’appello avrebbe potuto ritenere il decreto ingiuntivo vincolante nei loro confronti solo con riguardo all’importo oggetto di ingiunzione (e cioè il saldo rimasto insoluto del complessivo corrispettivo dovuto per l’appalto) e non con riguardo all’intero corrispettivo del contratto, anche in ragione dell’oggetto e dei limiti dell’appello proposto dalla società creditrice avverso la decisione di primo grado. Avendo, invece, tenuto in considerazione l’intero importo del corrispettivo dell’appalto, la sua decisione presenterebbe addirittura un vizio logico di insanabile contraddittorietà. Tali assunti risultano tutti manifestamente infondati.
L’emissione del decreto ingiuntivo posto a base degli atti di precetto opposti è espressamente avvenuta sul presupposto, logicamente e giuridicamente rilevante e necessario, che l’importo complessivo del corrispettivo dovuto per l’appalto fosse quello indicato nel ricorso e che parte di quella somma (anch’essa indicata nel ricorso monitorio) fosse stata già pagata dal condominio (tali circostanze di fatto, peraltro, non risultano neanche specificamente contestate).
I suddetti presupposti entrano, pertanto, necessariamente a far parte dell’oggetto della decisione e ne integrano il contenuto vincolante per le parti.
E’ poi evidente che, nel denunciare in sede di gravame la violazione dell’art. 63 disp. att. c.c. facendo riferimento all’importo della complessiva morosità delle condomine intimate, in relazione all’importo dell’intero corrispettivo dell’appalto, la società creditrice non solo ha correttamente interpretato – secondo quanto già esposto in relazione al primo motivo di ricorso – il senso logico e giuridico della predetta disposizione, ma ha anche formulato correttamente la propria impugnazione, con riguardo all’importo per il quale essa aveva l’onere ed il diritto di procedere nei confronti delle stesse. E la corte d’appello, accogliendo tale censura, ne ha correttamente individuato l’og-getto e i limiti, pronunciando in conformità a diritto e sulla base di motivazione del tutto adeguata, non apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico.
Di conseguenza, va senz’altro escluso che la decisione impugnata abbia violato le disposizioni richiamate nei motivi di ricorso in esame.

3. Con il sesto motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3) c.p.c. con riferimento agli artt. 647 c.p.c. e 2909 c.c.: la Corte d’Appello ha applicato erroneamente i principi di diritto circa le preclusioni derivanti dalla mancata opposizione del decreto ingiuntivo”.
Secondo le ricorrenti, essendo stata annullata in sede giudiziaria (sia pure con sentenza non definitiva) la deliberazione dell’assemblea condominiale che aveva approvato il riparto delle spese straordinarie eseguite dall’amministratore, tra le quali rientravano quelle oggetto dell’appalto per cui è causa, la corte d’appello avrebbe dovuto ritenere automaticamente caducati gli effetti dello stesso decreto ingiuntivo ottenuto dall’impresa appaltatrice nei confronti del condominio, avente ad oggetto il saldo dovuto per detto appalto, cioè il titolo esecutivo posto a base dei precetti opposti, dichiarando questi ultimi integralmente caducati, in accoglimento dell’appello incidentale da loro proposto.
Il motivo è manifestamente infondato.
Come si è già chiarito nell’esaminare il primo motivo del ricorso, le questioni relative ai rapporti interni tra i condomini e, quindi, la stessa validità delle deliberazioni condominiali di approvazione di determinate spese (rispetto alle quali il creditore del condominio resta ovviamente estraneo, anche in sede processuale), una volta che sia stato accertato in sede giudiziaria il credito di fonte contrattuale del terzo nei confronti del condominio stesso, non possono incidere sul diritto del creditore di ottenerne il pagamento, anche in via esecutiva, dal condominio e, quindi, dai singoli condomini, nel rispetto delle disposizioni dettate dall’art. 63 disp. att c.c..
Ne’ può ritenersi presupposto necessario per l’azione esecutiva contro i singoli condomini l’esistenza di una valida delibera condominiale di approvazione della ripartizione interna della spesa. Correttamente, quindi, la corte d’appello ha escluso che potesse essere invocato dalle ricorrenti, in sede di opposizione all’esecuzione, l’annullamento della deliberazione condominiale che aveva approvato il riparto delle spese straordinarie oggetto dell’appalto in base al quale la I* S.n.c. aveva ottenuto il decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, al fine di farne discendere la caducazione degli effetti dello stesso, nonché la dichiarazione di inefficacia degli atti di precetto sul medesimo fondati.
D’altra parte, deve altresì ritenersi conforme a diritto l’applicazione, da parte della corte d’appello, del criterio di ripartizione dell’obbligazione accertata nel titolo esecutivo fondato sulla tabella millesimale generale, in mancanza di elementi di prova certi che quanto meno in base ad una valutazione sommaria deponessero nel senso dell’applicabilità di un diverso criterio (fatta sempre salva la possibilità di rivalsa nei rapporti interni tra condomini, sulla base dei definitivi accertamenti in ordine alla corretta ripartizione della spesa in questione, operati nel contraddittorio con tutti gli interessati).

4. Con il settimo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3) c.p.c. con riferimento alla Cost., artt. 24, 645 c.p.c., 1135 e 1398 c.c.: la Corte d’Appello quale giudice dell’opposizione all’esecuzione e al decreto ingiuntivo, ha disapplicato il disposto di cui agli artt. 1398 (inefficacia dell’atto del falso rappresentate) e 1335 c.c. (attribuzione esclusiva dell’assemblea dei condomini in materia di lavori straordinari)”.
Le ricorrenti sostengono che, in caso di decreto ingiuntivo esecutivo ottenuto da un creditore nei confronti del condominio, i singoli condomini, quanto meno in mancanza di precedente notificazione del titolo a loro personalmente diretta, potrebbero impugnare, contestualmente, l’atto di precetto loro intimato sulla base del titolo stesso, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., ed il decreto ingiuntivo, ai sensi dell’art. 645 c.p.c.. Di conseguenza, i giudici di merito avrebbero dovuto prendere in esame – e accogliere, in quanto a loro avviso fondate – tutte le contestazioni aventi ad oggetto la legittimità del decreto monitorio, anche con riguardo alla regolare deliberazione in sede condominiale delle spese straordinarie oggetto del contratto di appalto sulla base del quale detto decreto era stato emesso.
Il motivo è manifestamente infondato.
In base ai principi di diritto affermati nella giurisprudenza ampiamente prevalente di questa Corte, cui si intende dare continuità nella presente sede, poiché il singolo condomino può (e, pertanto ha l’onere di) proporre l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, ai sensi dell’art. 645 c.p.c. (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 40857 del 20/12/2021, Rv. 663396 – 01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5811 del 22/02/2022, Rv. 664185 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 22116 del 24/07/2023, Rv. 668603 – 01), secondo le regole e nei termini previsti dall’art. 641 c.p.c., decorrenti dalla notificazione del decreto effettuata all’amministratore che legittimamente rappresenta il condominio e, quindi, i singoli condomini, va di conseguenza escluso che siffatto decreto ingiuntivo possa essere contestato nel merito dal singolo condomino, in sede di opposizione all’esecuzione minacciata o iniziata sulla base di esso, senza il rispetto di tali termini, restando invece garantita al condomino la possibilità di esperire i rimedi dell’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c., per far valere gli eventuali fatti estintivi, impeditivi e modificativi sopravvenuti che non avrebbero potuto essere fatti valere in sede di opposizione monitoria, ovvero per contestare in radice l’esistenza di un valido titolo esecutivo, nonché l’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c. per contestare nel merito l’ingiunzione (cfr., per tutte, Cass., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5811 del 22/02/2022, Rv. 664185 – 01, diffusamente in motivazione anche con il richiamo dei precedenti; cfr. anche: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22116 del 24/07/2023, Rv. 668603 – 01).
Di conseguenza, nella specie deve ancora una volta escludersi che la decisione impugnata, nel ritenere precluse, in sede di opposizione esecutiva, le questioni attinenti al merito del rapporto obbligatorio consacrato nel titolo esecutivo, sia stata emessa in violazione delle disposizioni invocate dalle ricorrenti. 5. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui alla D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Per questi motivi

La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna le ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 27 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2023

Civile Ord. Sez. 3 Num. 36283 Anno 2023
Presidente: DE STEFANO FRANCO
Relatore: TATANGELO AUGUSTO
Data pubblicazione: 28/12/2023

(omissis)

Fatti di causa

M* A* B*, nonché C*, C*, V* e P* M*, hanno intimato ad A* S*, condomina del fabbricato sito in Torre Annunziata, al Corso V* E* n. *, precetto di pagamento dell’importo di Euro 2.184,04, sulla base di un titolo esecutivo (sentenza di condanna) ottenuto dal loro dante causa, P* M*, nei confronti del condominio, in ragione di un credito di fonte negoziale solo parzialmente soddisfatto.
L’intimata ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, e ha, comunque, chiamato in giudizio l’altro condomino V* R*, che aveva in precedenza parzialmente estinto l’obbligazione condominiale ed al quale essa opponente aveva versato, in via di regresso, la propria quota, per essere eventualmente garantita in caso di soccombenza.
L’opposizione all’esecuzione è stata accolta dal Giudice di Pace di Torre Annunziata.
Il Tribunale di Torre Annunziata ha confermato la decisione di primo grado, con assorbimento di ogni altra domanda.
Ricorrono M* A* B*, nonché C*, C*, V* e P* M*, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso A* S*.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati (eredi di R*).
Si è successivamente costituita in giudizio M* C* F*, in sostituzione delle ricorrenti, qualificandosi cessionaria del credito fatto valere dalle stesse.
E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., M* C* F*.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della Camera di consiglio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va, preliminarmente, rilevata e dichiarata l’inammissibilità della costituzione, nella presente fase del giudizio, della cessionaria del credito controverso, M* C* F*, in sostituzione dei cedenti, già costituiti quali ricorrenti.
La successione a titolo particolare nel diritto controverso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio ritiene di dover dare continuità, non può avere alcun rilievo e non consente l’intervento delle parti che hanno acquistato la legittimazione dopo l’instaurazione del giudizio di legittimità, in quanto detto intervento è possibile solo nel caso in cui il precedente titolare del diritto controverso, cioè il precedente soggetto legittimato, non si fosse costituito, ma non nel caso in cui detto soggetto si fosse già costituito in sede di legittimità (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022, Rv. 664106 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021, Rv. 660761 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 25423 del 10/10/2019, Rv. 655272 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 33444 del 27/12/2018, Rv. 652035 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23439 del 06/10/2017, Rv. 645699 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 11638 del 07/06/2016, Rv. 639906 – 01), come nella specie.

2. Il primo motivo del ricorso risulta articolato in una pluralità di distinte censure. Si denunzia: “Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., commi 1 e 2. Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, “1a. omesso esame dell’elenco dei condomini morosi consegnato dall’amministratore; 1b. contraddittorietà della motivazione; 1c. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1375 e dell’art. 1175, in relazione all’art. 63 disp. att. c.c.; 1d. omesso esame circa un fatto decisivo: il regime di solidarietà passiva; 1e. violazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, art. 115 c.p.c., comma 1, art. 116 c.p.c., comma 1, e dell’art. 2719 c.c., in relazione all’art. 63 disp. att. c.c.; 1f. giudicato esterno sulla medesima fattispecie; 1g. inopponibilità del pagamento fatto ad altro condomino in via di regresso; 1h. omesso esame circa un fatto decisivo – non corrispondenza tra somma versata dai condomini al Sig. R* e somma incassata dai creditori; 1i. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1188 e 1218 c.c. in relazione all’art. 63 disp. att. c.c., commi 1 e 2; 1l. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1189 c.c., in relazione all’art. 63 disp. att. c.c., commi 1 e 2”.
Si tratta di censure logicamente e giuridicamente connesse che possono, pertanto, essere esaminate congiuntamente.

2.1 E’ opportuno, prima dell’esame di tali censure, esporre in sintesi gli antecedenti di fatto che hanno dato luogo al presente giudizio:
– il dante causa delle ricorrenti (P* M*) aveva ottenuto un titolo esecutivo giudiziale nei confronti del condominio del fabbricato sito in Torre Annunziata, al Corso V* E* n. *, per un credito professionale insoluto di importo complessivo pari a Euro 28.049,00, oltre accessori (interessi e rivalutazione dal 7 marzo 1988 al saldo);
– tale credito era stato parzialmente estinto, nel 2007, all’esito di un procedimento esecutivo promosso nei confronti del singolo condomino V* R* (escusso per l’intero, sul presupposto della responsabilità solidale – al tempo dei fatti, corrispondente a conclusione comunemente ammessa ed accettata – di tutti i condomini per le obbligazioni condominiali), che aveva consentito al creditore di ottenere l’assegnazione dell’importo di Euro 25.472,02 (su un totale azionato di Euro 82.791,08, comprensivo di sorta capitale, interessi e spese maturati a quel tempo);
– successivamente, dopo l’entrata in vigore della L. n. 220 del 2012, l’amministratore del condominio aveva comunicato alle eredi del M*, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., l’elenco dei condomini in mora con i pagamenti al condominio stesso e, in un secondo tempo, aveva loro inviato altresì un elenco, redatto dal condomino già escusso, delle quote allo stesso versate dagli altri condomini, in via di rivalsa, dal quale risultava che la S* aveva versato, già dal 2007, la sua integrale quota del complessivo debito condominiale, in via di regresso, al predetto condomino (quota determinata, al tempo del pagamento, in Euro 1.707,20);
– ritenendo non opponibile tale ultimo pagamento, le creditrici, nel maggio 2017, sulla base del primo elenco dei condomini morosi comunicato loro dall’amministratore, avevano intimato alla S* precetto per il pagamento della sua intera quota del credito residuo ancora vantato, esattamente determinata, all’attualità, in Euro 1.943,97, oltre accessori.

2.2 I giudici del merito hanno ritenuto che, avendo la S* pagato – sia pure, in via di regresso, al condomino già escusso – la propria quota dell’obbligazione condominiale, la stessa potesse efficacemente opporre alle creditrici il beneficio di preventiva escussione dei condomini in mora previsto dall’art. 63 disp. att. c.c..

2.3 Le ricorrenti sostengono, al contrario, una tesi così riassumibile: il pagamento effettuato dalla S* al condomino già escusso, in via di regresso, invece che all’amministratore del condominio, non sarebbe loro opponibile, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.; pertanto, la S*, non avendo versato la sua quota all’amministratore del condominio (come emergeva, del resto, dal primo elenco dei condomini in regola con i pagamenti ed in mora con gli stessi, che l’amministratore aveva loro comunicato ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.), sarebbe da considerare tuttora anch’essa in mora con i pagamenti; come tale, essa sarebbe da ritenere debitrice nei loro confronti dell’intera sua quota della complessiva obbligazione condominiale e, di conseguenza, non avrebbe titolo ad eccepire alcun beneficio di preventiva escussione degli altri condomini.
Sostengono, inoltre, che il tribunale avrebbe omesso di considerare che non vi era corrispondenza tra la somma versata dai condomini in via di regresso a quello escusso e la somma da questi pagata in favore del creditore loro dante causa, avendo il R*, in sostanza, ottenuto, in via di regresso, un importo maggiore di quello effettivamente sborsato.

3. Questa Corte ha di recente enunciato i seguenti principi di diritto, in relazione al regime della responsabilità dei singoli condòmini per le obbligazioni condominiali, come disciplinato dall’art. 63 disp. att. c.c.:
“l’onere di preventiva escussione dei condomini “morosi” gravante, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, sul creditore solo parzialmente soddisfatto e munito di titolo esecutivo, non ha ad oggetto la sola somma corrispondente alla quota millesimale del condomino moroso sull’importo residuo dell’obbligazione di cui al titolo esecutivo, ma l’intero importo della suddetta “morosità”, cioè l’intera originaria quota dell’obbligazione condominiale imputabile al singolo condomino, detratto quanto eventualmente già pagato al creditore dall’amministratore, in nome e per conto di detto condòmino, in virtù dei versamenti dallo stesso effettuati nelle casse condominiali, secondo l’imputazione comunicata ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, e/o quanto versato direttamente dal singolo condomino al terzo”;
“la quota del debito condominiale gravante sul singolo condomino contro il quale il creditore abbia agito in via esecutiva in base all’art. 63 disp. att. c.p.c., in caso di contestazioni espresse in sede di opposizione all’esecuzione – e fermo restando che spetta al condòmino intimato l’onere di allegare e provare che detta quota sia diversa da quella indicata dal creditore – va determinata: a) in base alla delibera condominiale di riparto della spesa; b) se una Delib. manchi o sia venuta meno, all’esito di una valutazione sommaria del giudice dell’opposizione all’esecuzione, ai soli fini dell’azione esecutiva in corso, tenendo conto delle indicazioni dell’amministratore, degli elementi certi disponibili ed eventualmente, in mancanza, facendo ricorso alla tabella millesimale generale; in tali casi restano tuttavia salve le eventuali successive appropriate azioni di rivalsa interna tra condomini” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 34220 del 06/12/2023, in corso di massimazione).

3.1 In particolare, nella motivazione di tale pronuncia, è stato chiarito quanto segue: “… l’espressione “condomini morosi” di cui all’art. 63 disp. att. c.p.c., indica i condomini che non hanno versato all’amministratore del condominio la loro quota della provvista necessaria al pagamento del terzo creditore e che, d’altra parte, non abbiano neanche estinto autonomamente la propria quota dell’obbligazione condominiale, pagando direttamente a quest’ultimo, mentre l’espressione “condomini in regola con i pagamenti” indica quelli che abbiano estinto la propria quota dell’obbligazione condominiale, mediante pagamento diretto del relativo importo al creditore, ovvero mediante pagamento in favore di quest’ultimo effettuato dall’amministratore con la provvista da loro fornita. In tale ottica, la comunicazione dell’amministratore al creditore relativa ai dati dei condomini “morosi”, prevista dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, consente di imputare il pagamento effettuato dall’amministratore stesso ad estinzione delle (sole) quote dell’obbligazione condominiale dei condomini che hanno regolarmente contribuito alla formazione della relativa provvista, i quali possono così definirsi “in regola con i pagamenti”, lasciando invece insolute le quote dell’obbligazione condominiale dei condomini che non abbiano versato i contributi dovuti. In questo modo (e solo in questo modo) si determina il più ragionevole contemperamento tra l’esigenza del creditore del condominio di essere regolarmente e tempestivamente soddisfatto e l’esigenza di tutela dei singoli condomini che abbiano regolarmente adempiuto alle proprie obbligazioni, nei rapporti con quelli che non lo abbiano fatto. La tutela del creditore è adeguatamente assicurata, potendo egli agire sempre liberamente, senza vincoli, nei confronti di tutti i condomini (abbiano essi o meno versato all’amministratore la loro quota di contributi dovuti), per l’adempimento delle relative quote dell’obbligazione condominiale ancora insoddisfatte (quindi, complessivamente, per il suo intero credito); egli non potrà, invece, agire affatto, a tale titolo, nei confronti dei condomini che abbiano estinto la loro posizione obbligatoria (pagando direttamente a lui o tramite il pagamento dell’amministratore con la provvista da loro fornita), contro i quali potrà esperire esclusivamente l’azione sussidiaria di garanzia di cui all’art. 63 disp. att. c.c., previa escussione dei condomini insolventi. La tutela dei condomini “diligenti” è altrettanto adeguatamente assicurata dalla possibilità di pagare direttamente al creditore la loro quota dell’obbligazione condominiale e di ottenere, altresì, l’imputazione a tale titolo di tutti i pagamenti effettuati dall’amministratore con la provvista da loro versata, mediante la comunicazione di cui all’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, in modo da rimanere esposti ad eventuale responsabilità per importi superiori a quelli effettivamente dovuti solo in virtù dell’obbligo sussidiario di garanzia introdotto dal comma 2 della medesima norma, che però è condizionato alla previa vana escussione dei condomini morosi. D’altra parte, è ragionevole escludere che possano risolversi in un oggettivo pregiudizio per le giuste ragioni di credito del terzo estraneo al condominio, specie se consacrate in un titolo esecutivo, le eventuali vicende, certamente non fisiologiche (ma ciò nonostante in astratto sempre possibili), in virtù delle quali i contributi versati dai condomini all’amministratore, cioè al proprio rappresentante comune, al fine di estinguere l’obbligazione condominiale, possano essere distratti dal loro scopo. La finale tutela dei condomini, in tali ipotesi patologiche, che sono comunque riconducibili ai loro rapporti interni ovvero ai rapporti con il loro rappresentante (ed ai quali è del tutto estraneo il terzo creditore), è del resto adeguatamente garantita attraverso l’esperimento delle eventuali possibili azioni risarcitorie o, in ultima analisi, delle appropriate azioni di rivalsa interna tra gli stessi partecipanti al condominio“.

3.2 Tali principi di diritto, ad avviso del Collegio, possono essere, con i dovuti adattamenti, estesi anche all’ipotesi di pagamento parziale dell’obbligazione del condominio effettuato da un singolo condomino in misura eccedente la propria quota, in quanto escusso per l’intero sulla base dell’indirizzo interpretativo, ormai superato, che affermava la solidarietà di tutti i condomini per le obbligazioni condominiali.
Come nel caso in cui l’amministratore abbia pagato solo in parte il debito condominiale per avere ricevuto il versamento dei contributi dovuti solo da alcuni dei condomini, anche in tal caso, in effetti, “sorge l’esigenza di non pregiudicare i condomini che abbiano regolarmente provveduto a versare i contributi dovuti, rispetto a quelli che non lo abbiano fatto (rendendosi, così, “morosi” sia nei confronti del creditore che nei confronti dello stesso amministratore del condominio)” (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 34220 del 06/12/2023, in motivazione, par. 1.2.4).
Anche in questa ipotesi vi e’, infatti, un pagamento parziale del debito condominiale che fa sorgere analoga esigenza, in rapporto ai condomini che abbiano versato i contributi da essi dovuti, in questo caso successivamente al pagamento e direttamente al condomino che ha pagato una quota dell’obbligazione eccedente la propria, in via di regresso.
Anche in questo caso e’, quindi, possibile, attraverso la comunicazione dell’amministratore di cui all’art. 63 disp. att. c.c., l’imputazione del pagamento parziale, oltre che – ovviamente e in primo luogo – alla quota del condomino escusso, anche, per l’eccedenza, alle quote dei condomini che abbiano versato quanto dovuto allo stesso, in rivalsa o regresso.
In tal modo si evita altresì il paradosso in base al quale, nonostante la (sopravvenuta, in via di ricostruzione sistematica, ma attualmente indiscutibile, siccome obiettivamente consolidata) natura parziaria dell’obbligazione condominiale, il creditore già parzialmente soddisfatto potrebbe in teoria agire direttamente nei confronti di tutti i condomini (tranne quello escusso), per il pagamento della rispettiva integrale quota di debito, cioè, in definitiva, per un importo complessivo che sarebbe superiore al suo stesso credito (tenuto conto del fatto che la somma già incassata è superiore alla quota dell’unico condomino che ha in concreto adempiuto).

4. Sulla base di quanto sin qui esposto, deve ritenersi infondato l’assunto principale delle ricorrenti, secondo le quali non avrebbe alcun rilievo e non sarebbe loro opponibile il versamento operato dalla S. al condomino già escusso per l’intero, onde quest’ultima sarebbe tenuta a pagare la propria integrale quota del residuo debito condominiale, in loro favore.

4.1 La motivazione della sentenza impugnata non può dirsi però conforme a diritto nella sua impostazione, sul punto: a) in primo luogo perché essa risulta fondata sull’assunto – evidentemente erroneo, alla luce delle ragioni più sopra esposte – per cui il pagamento dei contributi dovuti, effettuato dai singoli condomini all’amministratore avrebbe di per sé efficacia estintiva delle loro obbligazioni parziarie; b) inoltre, perché, di conseguenza ed altrettanto erroneamente, nel caso di specie, in cui il suddetto pagamento è avvenuto in favore del condomino già escusso per un importo eccedente la propria quota, il tribunale ha richiamato la disciplina relativa al pagamento al creditore apparente, in realtà non conferente.

4.2 Al contrario, va in proposito ribadito (come già sancito in Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 34220 del 06/12/2023, in motivazione, par. 1.2.4) che le obbligazioni parziarie dei singoli condomini nei confronti del creditore possono dirsi estinte solo in conseguenza del pagamento effettuato in favore di quest’ultimo (da parte dell’amministratore o, come nel caso, da parte del singolo condomino escusso per l’intero), con la precisazione che l’imputazione del pagamento parziale effettivamente pervenuto al creditore ad estinzione delle obbligazioni parziarie dei singoli condomini che abbiano in qualche modo contribuito a formare la relativa provvista (anche con il versamento successivo della stessa, in rivalsa, in favore di chi abbia effettuato quel pagamento, in quanto escusso per l’intero) può essere effettuata anche ex post, con la comunicazione di cui all’art. 63 disp. att. c.c..

5. Nella specie, non vi è dubbio che la S* abbia versato il contributo corrispondente alla propria quota dell’obbligazione condominiale (anche se lo ha fatto, peraltro del tutto correttamente, in favore del condomino già escusso per l’intero e avente diritto di rivalsa, invece che in favore dell’amministratore) e che vi era stata altresì, prima dell’intimazione del precetto opposto, la comunicazione dell’amministratore, rilevante ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., ai fini dell’imputazione del pagamento parziale operato dal R. anche alla quota di obbligazione gravante sulla S*, avendo l’amministratore stesso comunicato alle creditrici l’elenco dei pagamenti ottenuti dal R* in rivalsa.
Si deve pertanto concludere:
a) che il pagamento effettuato dalla S* al R* certamente è opponibile al creditore, quanto meno nella parte in cui lo stesso può ritenersi a quest’ultimo effettivamente “riversato” dal R*, in base alla successiva imputazione oggetto della comunicazione di cui all’art. 63 disp. att. c.c.;
b) che, di conseguenza, l’obbligazione parziaria della S*, in relazione al complessivo debito condominiale, deve ritenersi corrispondentemente estinta nei confronti della parte creditrice, nei medesimi limiti;
c) che le creditrici ricorrenti non possono procedere ad esecuzione forzata direttamente e immediatamente nei confronti della S*, se non per la parte dell’importo da questa versato al R* che finisca con l’essere accertato come a loro non integralmente “riversato”, mentre, per il residuo (cioè per la parte dell’obbligazione condominiale non gravante sulla S*, ma sugli altri condomini morosi, per la quale la S* è tenuta solo quale garante ex lege), esse possono agire nei confronti della medesima solo previa escussione dei condomini morosi (cioè di quelli che non hanno estinto la loro obbligazione né direttamente nei confronti del creditore, né mediante il versamento della relativa quota tramite l’amministratore o il condomino escusso per l’intero).

6. E’, poi, appena il caso di osservare che certamente deve escludersi la fondatezza delle censure di violazione del giudicato esterno, in quanto sono a tal fine richiamate decisioni relative a parti diverse da quelle del presente giudizio e non operando le condizioni per l’efficacia riflessa del giudicato (sui cui presupposti, tra molte, v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8101 del 23/04/2020, Rv. 657573 – 01).

7. Sempre sulla base di quanto sin qui esposto, deve essere valutata la fondatezza delle doglianze sollevate col ricorso, quanto meno nella parte in cui, con lo stesso, si contesta che il tribunale avrebbe omesso di considerare che non vi era corrispondenza tra la somma versata dai condomini in via di regresso a quello escusso (cioè al R*) e la somma da questi pagata in favore dei creditori, avendo il R*, in sostanza, richiesto ed ottenuto, in via di regresso, un importo maggiore di quello effettivamente versato.
Sotto tale profilo, il ricorso deve ritenersi fondato, nei limiti che saranno di seguito esposti.

7.1 Risulta, effettivamente, dagli atti, che le creditrici avevano, tra l’altro, eccepito già nel giudizio di merito, che – in base all’elenco da lui stesso sottoscritto e fornito all’amministratore, il quale lo aveva loro trasmesso ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. – il R* aveva chiesto agli altri condomini il rimborso non solo dell’importo da lui effettivamente versato al creditore (all’esito del procedimento esecutivo subito, solo parzialmente capiente), ma l’intero importo per cui era stata promossa l’esecuzione nei suoi confronti, cioè l’intero importo del debito condominiale e, soprattutto, che aveva così ottenuto, in rivalsa, una somma superiore a quella effettivamente pagata al creditore (precisamente, la somma pagata al creditore dal R* sarebbe pari a Euro 25.472,02, mentre la somma ottenuta dallo stesso in via di regresso sarebbe pari a Euro 30.592,55, anche se poi alcuni condomini avrebbero ottenuto la restituzione di quanto versato in eccesso), senza riversarla al creditore stesso.

7.2 In base ai principi di diritto che devono ritenersi applicabili nella fattispecie, più sopra esposti, l’estinzione della obbligazione parziaria della S*, cioè della quota dell’obbligazione condominiale ad essa riferibile, è dalla stessa opponibile al creditore esclusivamente nei limiti dell’importo che questi abbia in concreto ricevuto e che sia effettivamente imputabile alla predetta quota.
Ne consegue che, se il condomino escusso per l’intero e che abbia pagato una parte del debito condominiale eccedente la propria quota, abbia poi, per qualsiasi ragione, recuperato dagli altri condomini un importo maggiore di quello effettivamente versato, per la differenza non potrà ritenersi estinta – nei confronti del creditore – né l’obbligazione condominiale, né le singole quote della stessa: esattamente come avverrebbe se l’amministratore avesse riscosso dai singoli condomini contributi superiori a quanto poi effettivamente versato al creditore.

7.3 Il pagamento effettivamente e in concreto riscosso dal creditore, in siffatta (patologica) eventualità, non potrà che essere imputato alle quote dei singoli condomini che abbiano versato il proprio contributo (all’amministratore o, comunque, come nella specie, al condomino che ha eseguito il pagamento), ma non per l’intero contributo versato (in questo secondo caso, in rivalsa), che sarebbe di importo superiore a quanto riscosso, bensì solo in proporzione a quanto pagato da ciascuno.
Dovrà, quindi, considerarsi, a tal fine, l’importo dovuto da ciascun condomino, quello effettivamente riscosso dal creditore e quello comunque versato dai condomini “diligenti” (o “adempienti” o “virtuosi”: di regola, all’amministratore, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, ovvero, come nella specie, in rivalsa, al singolo condomino già escusso per l’intero in base all’interpretazione di solidarietà delle relative obbligazioni, corrente al tempo del pagamento): l’obbligazione parziaria di tali condomini “diligenti” potrà ritenersi estinta solo in base al riscontro della corrispondenza tra quanto da ciascuno versato e quanto effettivamente pagato al creditore (salvo che non risulti una diversa e più specifica imputazione, nelle forme e secondo le modalità in precedenza indicate, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c.).

7.4 Nella specie, pertanto, il giudice del merito avrebbe dovuto verificare, in concreto, in quali esatti limiti l’importo riscosso dal dante causa delle creditrici, all’esito del procedimento esecutivo promosso contro il R*, fosse effettivamente imputabile ad estinzione della quota parziaria dell’obbligazione condominiale gravante sulla S*, anche tenendo conto di quanto emergente dagli atti in ordine alle somme in definitiva recuperate dal R* da ciascun condomino, peraltro sempre tenendo conto che l’onere della prova del pagamento della propria quota spetta, in ogni caso, al debitore e, quindi, nella specie sarebbe spettato alla S* dimostrare quanta parte dell’importo da lei versato al R* poteva ritenersi effettivamente “riversato” al creditore.

7.5 Solo nel caso in cui l’importo effettivamente pagato dal R* al creditore (e non, quindi, semplicemente quello dallo stesso R* successivamente recuperato) fosse imputabile ad estinzione dell’obbligazione parziaria della S*, eventualmente operata la dovuta proporzione tra quanto pagato e quanto riscosso in rivalsa (in mancanza di corrispondenza tra tali importi), in misura tale da estinguere integralmente la quota parziaria dell’obbligazione di quest’ultima, potrebbe essere accolta integralmente l’opposizione, mentre, in caso contrario, essa dovrebbe essere accolta solo in parte e dovrebbe, di conseguenza, essere altresì esaminata nel merito la domanda di manleva della S* nei confronti del R*, per l’importo eventualmente dallo stesso indebitamente trattenuto.

8. In definitiva, non possono trovare accoglimento le censure delle ricorrenti fondate sull’assunto della totale inopponibilità alle creditrici intimanti del versamento effettuato dall’intimata S* al R*, in rivalsa: con assorbimento di ogni altra questione direttamente connessa, sul punto.
Devono invece ritenersi fondate le censure relative alla carenza di accertamento dell’effettiva quota del versamento effettuato dall’intimata S* al R*, in rivalsa, che possa considerarsi opponibile alle creditrici ricorrenti, in ragione della non corrispondenza, nella comunicazione di cui all’art. 63 disp. att. c.c., di quanto pagato dal R* al creditore e di quanto dallo stesso riscosso in rivalsa dagli altri condomini.
La decisione impugnata deve pertanto essere cassata, per quanto di ragione, limitatamente a tale ultimo punto, affinché, in sede di rinvio, in applicazione dei principi di diritto più sopra esposti sia rivalutata la relativa questione e, eventualmente, sia esaminata la domanda di rivalsa della S* contro il R*, che è rimasta assorbita ed è stata riproposta dalla S* ai sensi dell’art. 346 c.p.c., nel suo controricorso.

9. Con il secondo motivo, non rubricato, si deduce quanto segue: “La sentenza impugnata va cassata anche nella parte in cui ha compensato le spese del secondo grado del giudizio e nella parte in cui, implicitamente, ha confermato la sentenza di primo grado in merito alla condanna delle opposte Sigg.re B* – M* al pagamento delle spese di lite nella misura di Euro780,00, di cui Euro135,00 per esborsi, oltre spese generali, Cpa ed Iva”.
Il motivo, relativo alle spese processuali, resta assorbito, in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, che rende in proposito necessaria, all’esito del giudizio di rinvio, una nuova valutazione.

10. Il primo motivo del ricorso è accolto, per quanto di ragione e nei limiti di cui in motivazione, assorbito il secondo.
La sentenza impugnata è cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:
– accoglie il primo motivo del ricorso, per quanto di ragione e nei limiti di cui in motivazione, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 12 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2023

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