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LA NORMA:

Articolo 1123 Codice Civile, Ripartizione delle spese.comma
Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.1
Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne.2
Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.3

DOTTRINA E GIURISPRUDENZA:

L’art. 1123 codice civile prevede:
non solo che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (primo comma) (ossia una ripartizione secondo il valore dell’unità);
ma anche che se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne (comma secondo) e che qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità (terzo comma) (ossia una ripartizione secondo l’utilità del bene).

La giurisprudenza di legittimità ha osservato che il primo comma (che esprime il criterio del valore dell’unità) si applica per le cose destinate a servire in modo eguale per tutti i condomini, e che dei successivi commi (che esprimono il criterio dell’utilità del bene) mentre il secondo si applica per le cose destinate a servire in misura diversa, e quindi alcuni condomini più di altri, invece il terzo si applica per le cose destinate a servire solo una parte dell’intero fabbricato (condominio parziale), e quindi alcuni condomini anzichè tutti (si veda Cassazione civile sez. II, 13/07/1996, n. 63591); potremmo dedurne che il secondo comma commisura la contribuzione ad una utilità diversa, e il terzo comma esclude la contribuzione per l’inesistenza di una utilità, ma va detto che molte pronunce riconoscono l’esonero dalle spese anche per ipotesi del secondo comma, osservando che il terzo comma è solo esemplificativo di esso (si veda Cassazione civile sez. II, 22/06/1995, n. 70772).

Dunque:
– per spese relative a parti dell’edificio che servono in misura uguale i condomini il riparto deve essere effettuato sempre e soltanto secondo i millesimi generali di proprietà (criterio del valore dell’unità, comma primo);
– il riparto deve essere eseguito diversamente dai millesimi generali di proprietà solo ed esclusivamente per spese relative a parti dell’edificio che servono i condomini in misura diversa o servono non a tutti ma solo ad alcuni di loro (criterio dell’utilità del bene, commi secondo e terzo).

Talvolta capita di sentir sostenere che se l’uso è identico il criterio dell’uso porta a dividere in parti uguali a prescindere dai millesimi (c.d. criterio capitario; volgarmente: alla romana), ma una tale affermazione non ha alcun fondamento, ed equivale anzi ad un totale fraintendimento dei criteri in esame: infatti il criterio dell’uso vale solo se l’uso è diverso, mentre se l’uso è uguale vale sempre il criterio del valore.

Inoltre, la diversa misura dell’uso, o proprio l’assenza di utilità, devono dipendere da oggettive caratteristiche strutturali, e non da soggettive scelte discrezionali (si veda Cassazione civile sez. II, 29/04/1992, n. 51793; si pensi al condomino che chieda di essere esonerato dai lavori di manutenzione degli scarichi perchè la sua unità non è dotata di servizi igienici: ha ragione, certo, se la sua unità ne è priva sin dalla edificazione essendo, per esempio, un magazzino, o un garage; diverso sarebbe, all’evidenza, se l’unità in questione ne era originariamente collegata, stante anche la regola sulla irrinunciabilità delle parti comuni).

– Cassazione civile sez. II, 08/09/2021, n. 24166:
principio di diritto: Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, indicate nell’art. 1117 c.c., per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, salvo diversa convenzione; se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese vanno ripartite in proporzione dell’uso che ciascun condomino può farne; le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinenti alla sua destinazione, possano servire ad uno o più condomini non vanno poste a carico di quest’ultimi
dalla motivazione: 3.2. In materia di spese condominiali, la ripartizione delle spese è basata sul principio di proporzionalità. 3.3. Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, indicate nell’art. 1117 c.c., per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, salvo diversa convenzione. 3.4. Se le cose comuni sono destinate a servire i condomini di un edificio in misura diversa, le spese, a norma dell’art. 1223 c.c., comma 2, vanno ripartite in misura proporzionale all’uso che ogni condomino può farne, salvo eventuali accordi, approvati all’unanimità dei condomini, con cui si preveda la ripartizione in misura proporzionale ai millesimi di proprietà. 3.5. La distinzione delle spese secondo il criterio della funzione, accolto dall’art. 1104 c.c., riguarda anche il condominio negli edifici, in quanto anche nel condominio l’art. 1123 c.c. prevede l’imputazione e la ripartizione di esse avuto riguardo al fondamento ed alla funzione. I contributi per la conservazione si ascrivono sempre in ragione della appartenenza e si dividono in proporzione alle quote indipendentemente dal vantaggio soggettivo espresso dalla destinazione delle parti a servire in misura diversa; le spese per l’uso, le quali hanno origine dal godimento soggettivo e personale, tenuto conto appunto della funzione e del fondamento si suddividono in proporzione all’uso e, quindi, della misura di esso. 3.6. Questa Corte, con orientamento consolidato al quale il collegio intende dare continuità, ha ricondotto le spese previste dall’art. 1123 c.p.c., comma 1, nella categoria delle obbligazioni propter rem, nelle quali il nesso immediato tra l’obbligo e la res non è modificato dalla interferenza di nessun elemento soggettivo. Per conseguenza, il quantum resta sempre commisurato alla proporzione espressa dalla quota che, per determinazione normativa, esprime la misura della appartenenza. Il contributo riflette quindi l’estensione dell’oggetto del diritto, da cui l’obbligazione ha origine, al cui pagamento nessun condomino può sottrarsi, neppure rinunziando alla comproprietà sulla cosa comune stessa (Cassazione civile sez. II, 02/07/2001, n. 8924; Cassazione civile sez. II, 19/06/2000, n. 8292; Cass. 95/1890). 3.7. L’art. 1123 c.c., comma 1 soggiunge che la partecipazione a ciascuna spesa debba essere proporzionata al godimento che ogni condomino può trarre dalla cosa comune (Cass. 12.11.97 n. 11152, Cass. 20.11.96 n. 10214). 3.8. L’obbligazione di concorrere alle spese in relazione all’uso, da intendersi in senso soggettivo ma in relazione alla destinazione del bene ai condomini in misura diversa, implica che il condomino non è tenuto a sopportare le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinenti alla sua destinazione, possano arrecargli utilità. 3.9. Detta distinzione è stata affermata in una fattispecie similare a quella oggetto del presente giudizio, ovvero nell’ipotesi di installazione della porte tagliafuoco dell’atrio comune nel quale si aprivano le porte di alcune autorimesse in proprietà esclusiva di singoli condomini; è stato nella specie ritenuto che la riparazione delle porte tagliafuoco e l’impianto di ventilazione dei boxes andava ripartita tra i proprietari dei medesimi beni e non tra gli altri condomini che non li possedevano anche se le misure attenevano alla sicurezza dell’intero edificio (Cass. 7077/95). 3.10. L’obbligo di contribuire alle spese deve essere quindi fondato sull’utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune sicché se la cosa oggetto dell’intervento non può servire ad uno o più condomini non vi è obbligo di contribuire alle spese. 3.11. Il criterio della ripartizione delle spese in relazione all’uso trova ulteriore regolamentazione nell’ipotesi di condominio parziale, configurabile ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell’edificio in condominio. In tal caso, i partecipanti al gruppo non hanno il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose di cui non hanno la titolarità e, conseguentemente non concorrono alle spese se dalle cose indicate dall’art. 117 c.c. (scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte del fabbricato) essi non ne traggano utilità, salva diversa attribuzione per titolo (Cass. Civ., Sez. II, 16.1.2020 n. 791; Cass. Civ., Sez. II, 19.6.2000, n. 8292). 3.12. Nel caso di specie, la corte di merito ha accertato che la * non era proprietaria dell’autorimessa sita nel piano seminterrato e che lo spazio di manovra era destinato all’esclusivo utilizzo dei proprietari delle autorimesse. Ha errato, quindi, a porre a carico di tutti i condomini, e non invece a carico dei soli proprietari delle autorimesse, tutte le spese sostenute dal condominio per l’adeguamento alla normativa antincendio senza distinguere tra le spese che riguardavano la sicurezza dell’intero fabbricato (come ad esempio la centrale termica ed il locale ENEL), ed i lavori “che hanno riguardato la messa in sicurezza delle autorimesse nel loro insieme”. 3.13. Dai lavori che riguardavano le autorimesse la ricorrente non ha tratto nessuna utilità perché riguardavano interventi sulla proprietà privata, al fine di rendere agibili i boxes, dopo che il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di * aveva riscontrato difformità tra i progetti consegnati e lo stato di fatto (pag. 4 della sentenza impugnata); conseguentemente, non rientrava nell’interesse della ricorrente il conseguimento dell’agibilità che ineriva a situazioni inerenti le proprietà esclusive delle autorimesse. 3.14. La ratio della ripartizione delle spese in relazione all’uso va ricercata anche nell’esigenza di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condomini quando un servizio comune è destinato ad esser fruito in misura diversa dai singoli condomini (Cassazione civile sez. II, 17/09/1998, n. 9263). 3.15. Vanno quindi ripartite tra tutti i condomini, in proporzione al valore della quota di ciascuno, le spese attinente a parti dell’edificio comuni o ritenute tali in base a norma regolamentare ed adempiano, attraverso le opere poste in essere, ad una funzione di prevenzione di eventi – nel caso di specie l’incendio – che potrebbero interessare l’intero edificio condominiale; la spesa in questione, peraltro deliberata dalla maggioranza dell’assemblea condominiale, non può che essere posta a carico di tutti i condomini. Qualora, invece, l’utilità riguardi la singola proprietà esclusiva e l’intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condomini, non sussiste il loro obbligo a contribuire alle spese relative. 3.16. Va quindi confermato l’orientamento di questa Corte, espresso dalla citata Cass. Civ., Sez. II, 22.6.1995 n. 7077, al quale il collegio intende dare seguito. 3.17. La corte di merito avrebbe dovuto onerare pro quota la ricorrente delle sole spese riguardanti i beni comuni e non di tutte le spese inerenti le misure antincendio, che servivano specificamente a prevenire gli incendi nelle autorimesse di proprietà esclusiva e dei relativi spazi di manovra, utilizzati dai soli proprietari dei boxes per accedere ad esse. 3.18. Il fatto poi che le opere poste in essere nei locali garage, oltre ad esplicare una funzione di prevenzione e di sicurezza a favore dei condomini che utilizzano i garage, in quanto costituiscono un ostacolo alla diffusione degli incendi, indirettamente servano anche agli altri condomini, non influisce sul criterio di ripartizione delle spese che l’art. 1223 c.c., comma 2, pone solo a carico di coloro che usano i locali fonte di pericolo. 3.19. La ripartizione delle spese secondo i criteri di riparto di cui l’art. 1126 c.c. non ha alcun fondamento giuridico perché applicabile alle spese riguardanti i lastrici di proprietà esclusiva, mentre invece il criterio di riparto doveva essere fondato sulle previsioni dell’art. 1123 c.c., comma 2, o dell’art. 1123 c.c., comma 3, previa dimostrazione dell’uso delle autorimesse.

– Cassazione civile sez. II, 22/06/1995, n. 7077: il fatto che le porte tagliafuoco e l’impianto di ventilazione dei box siano stati installati nella parte del piano seminterrato sulla quale si aprono le autorimesse di proprietà esclusiva di alcuni condomini, parte ritenuta comune dal regolamento condominiale, se consente di affermare che le spese relative alle opere poste in essere sono attinenti a cosa comune, non comporta che esse debbano essere sopportate pro quota da tutti i condomini, e quindi anche dalla signora *, dal momento che l’uso della parte di seminterrato in oggetto non è destinato a tutti, ma solo ai proprietari delle autorimesse e che la signora X non è fra questi, non essendo proprietaria di alcuna della sunnominate autorimesse, ma solo di negozi il cui accesso è assolutamente indipendente dal locale garage. Correttamente, pertanto, la corte di merito ha ritenuto signora * estranea agli oneri conseguenti all’applicazione della normativa antincendio di cui al D.M. 16.2.82 ed alla l. n. 818 del 1984 che impone ai titolari di autorimesse private con più di nove autoveicoli, e quindi, nella specie al condominio quale proprietario di un’area comune sulla quale circola un tale numero di autovetture, di porre in essere misure antincendio che servono specificamente a prevenire gli incendi nei locali summenzionati, condizionandone l’uso al rilascio del certificato di prevenzione incendi. Il fatto poi che le opere poste in essere nei locali garage, oltre ad esplicare una funzione di prevenzione e di sicurezza a favore dei condomini che utilizzano i garage, in quanto costituiscono un ostacolo alla diffusione degli incendi, indirettamente servano anche agli altri condomini, non influisce sul criterio di ripartizione delle spese che l’art. 1223 2 c. cod. civ. pone solo a carico di coloro che usano i locali fonte di pericolo.

– Cassazione civile sez. VI, 07/10/2019, n. 24927: è conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui le parti dell’edificio in condominio – quali, nella specie, muri e tetti (art. 1117 c.c., n. 1), ovvero le opere ed i manufatti fognature, canali di scarico e simili (art. 1117 c.c., n. 3), deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123 c.c., commi 2 e 3. La ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come il tetto (o la facciata), che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio (Cass. sez. 2, 03/01/2013, n. 64; Cass. sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; Cass. sez. 2, 29/04/1993, n. 5064; Cass. sez. 2, 27/11/1990, n. 11423; Cass. sez. 2, 22/12/2014, n. 27154). In un risalente precedente, si spiegava ancor meglio come il principio della proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della cosa comune vige allo stato puro nella comunione, mentre non è sufficiente nel condominio, giacchè, essendo tale istituto caratterizzato dalla coesistenza di un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, l’intensità del godimento delle cose ed impianti comuni da parte dei condomini può obiettivamente risultare diversa a seconda del rapporto in cui con quelle cose ed impianti si trova (di fatto) il bene oggetto di proprietà esclusiva; di tal che, in sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è tanto l’appartenenza del tetto medesimo ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa, poichè non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto (Cass. sez. 2, 06/07/1973, n. 1923).

– Cassazione civile sez. II, 20/04/2021, n. 10371: Il “cappotto termico” da realizzare sulle facciate dell’edificio condominiale, al fine di migliorarne l’efficienza energetica, non è opera destinata all’utilità o al servizio esclusivo dei condomini titolari di unità immobiliare site nella parte non interrata del fabbricato, come sostengono i ricorrenti (proprietari di locali interrati serviti da autonomo ingresso). Le opere, gli impianti o manufatti che, come il “cappotto” sovrapposto sui muri esterni dell’edificio, sono finalizzati alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, vanno ricompresi tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall’intera collettività condominiale (art. 1117 c.c., n. 3), inclusi i proprietari dei locali terranei, e non sono perciò riconducibili fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123 c.c., commi 2 e 3. Ne consegue che, ove la realizzazione del cappotto termico sia deliberata dall’assemblea, trova applicazione l’art. 1123 c.c.ma 1, per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (arg. da cass. sez. 2, 25/09/2018, n. 22720; cass. sez. 2, 15/02/2008, n. 3854; cass. sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; cass. sez. 2, 17/03/1999, n. 2395; cass. sez. 2, 23/12/1992, n. 13655)

* * *

1 dalla motivazione: Dopo avere stabilito, nel primo comma, che se non è stato diversamente convenuto, le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, l’art. 1123 cod. civ. espressamente dispone, nel secondo comma, che “se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”. La predetta norma non pone affatto, quindi, un criterio di ripartizione delle spese di conservazione e godimento delle cose comuni generalmente applicabile in ogni caso quando non sia diversamente stabilito dalle parti, ma pone due distinti criteri: uno per le cose destinate a servire in modo eguale per tutti i condomini, l’altro per le cose destinate a servire in misura diversa. Tale interpretazione, che è confermata dal terzo comma del citato articolo del codice civile, ove, in assonanza con il criterio del secondo comma, è previsto che quando l’edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire (solo) una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico (solo) del gruppo dei condomini che ne trae utilità, non è contraddetta dal diverso e generale criterio indicato, in materia di comunione, dall’art. 1101 cod. civ. (in base al quale le spese debbono gravare su tutti i partecipanti in eguale misura, o in proporzione del valore delle quote di ciascuno, nel caso in cui risulti una diversa entità delle quote) avendo questa Corte ripetutamente chiarito come la norma dell’art. 1123 cod. civ. debba considerarsi speciale rispetto a quella dell’art. 1101 cod. civ. perché inspirata dalla esigenza di una disciplina che meglio si adatti alle specifiche caratteristiche del condominio negli edifici, ove le parti comuni hanno una precisa funzione strumentale rispetto alle parti in proprietà esclusiva dei singoli condomini, delle quali esse sono a servizio, consentendone l’esistenza e l’uso (sent. n. 5054-93; vedi anche sent. n. 5179-92; sent. n. 8484-87)

2 dalla motivazione: per le spese attinenti alle parti comuni dell’edificio il criterio di ripartizione previsto dall’art. 1123 c. civ. è complesso e si articola su due principi: quello del valore della quota, previsto dal 1 c. dell’art. 1123 c. civ., relativamente alle spese sulla cosa comune, che sia destinata a servire ugualmente ed indistintamente tutti i condomini; quello dell’uso previsto dal 2 c. della stessa norma relativamente a spese su cosa comune che sia destinata a servire i condomini in maniera diversa. Sulla base di tale secondo principio, quindi, l’obbligo di contribuire alle spese si fonda sull’utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune con la conseguenza che, ove la cosa comune oggetto dell’intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condomini, non sussiste il loro obbligo a contribuire alle spese relative. Quale applicazione esemplificativa del principio anzidetto, è indicativo il disposto del 3 c. dell’art. 1123 c. civ. che, nel collegare espressamente l’obbligo di contribuzione all’utilità ricevuta, implicitamente lo esclude quando tale utilità sia inesistente. In conformità a tali principi questa Corte si è già pronunciata (v. cass. 5179-92).

3 dalla motivazione: il principio di proporzionalità tra spese ed uso, di cui al menzionato art. 1123 c.c., dev’essere inteso nel senso che mancando l’uso per ragioni non dipendenti dalla mera volontà e dalla scelta del condomino, va escluso anche l’onere, per il medesimo, di contribuire alle spese di gestione del servizio.

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