CONDOMINIO – Garanzie di legge in materia di appalto: la legittimazione attiva dell’Amministratore di Condominio, doveri e scadenze

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Garanzie di legge in materia di appalto: la legittimazione attiva dell’Amministratore di Condominio, doveri e scadenze

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione – la Sez. II 17/04/2024 n. 10380 – offre l’occasione di trattare il tema delle garanzie di legge in materia di appalto: sempre d’attualità, e particolarmente delicato per l’Amministratore, riguardando sue proprie “attribuzioni” (questa è la terminologia usata dal Codice Civile per elencare i compiti affidatigli per legge, connaturati all’incarico: poteri, certamente, ma prima di tutto doveri, e quindi responsabilità: in caso di esercizio in difetto dei presupposti, ovvero di inerzia in presenza degli stessi).

L’art. 1130 c.c., come noto, stabilisce, al n. 4, che l’amministratore deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio.

Tra gli atti conservativi rientrano senza dubbio le iniziative di natura legale, quali le azioni giudiziarie a tutela dei diritti comuni.

Se hanno tale finalità, all’Amministratore non occorre l’autorizzazione dell’Assemblea, con la maggioranza qualificata per le delibere sulle liti: l’art. 1136 c.c. comma IV, che richiama il comma II, per cui sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, si riferisce infatti alle liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore.

Rientrano in tali attribuzioni, cosi come l’agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati (ne abbiamo parlato in questa newsletter a febbraio e marzo), anche l’agire per atti conservativi come, ad esempio, far valere le garanzie di legge in materia d’appalto.

La pronuncia citata conferma il principio per cui l’art. 1130, n. 4, c.c., che attribuisce all’amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere – dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato.

Si tratta senza dubbio di una conferma di un orientamento tendenzialmente estensivo sul punto, ma non deve indurre a convincimenti affrettati e superficiali.

Il costruttore aveva sostenuto la tesi per cui la legittimazione del condominio a promuovere l’azione di cui all’art. 1669 c.c. per il ristoro dei danni alle unità abitative sussisterebbe solo se l’Amministratore agisce per la tutela dell’edificio nella sua unitarietà, intendendosi per essa non semplicemente una situazione in cui si riscontrino dei gravi difetti sia nella parte condominiale che nei singoli appartamenti bensì una situazione in cui i pregiudizi derivano da vizi delle parti condominiali dell’immobile, ancorchè incidenti pure su proprietà esclusive di condomini, e siano riconducibili ad una causa comune che di riflesso cagiona danni alle proprietà individuali (nel caso specifico, secondo il ricorrente, la sentenza impugnata aveva omesso di accertare l’esistenza di una causa così strettamente intesa, andando cioè a verificare se il pregiudizio alle singole unità fosse stato determinato di riflesso da un difetto di costruzione riscontrato nelle parti comuni dell’edificio).

Il giudice di legittimità respinge tale difesa e conferma la sentenza del giudice di merito, con la motivazione di cui infra; non senza osservare, peraltro, che la sentenza impugnata aveva già, invero, riconosciuto la legittimazione ad agire dell’Amministratore per i soli vizi afferenti all’intero complesso edilizio, valutato nella sua unitarietà, senza alcuna distinzione tra le parti comuni e le parti private, escludendo invece una sua legittimazione in ordine al risarcimento per i danni da infiltrazioni derivanti dai richiamati vizi costruttivi ma verificatisi all’interno delle varie unità dei condòmini.

Merita ricordare, sul perimetro di legittimazione dell’amministratore a promuovere l’azione di responsabilità nei confronti del costruttore, un’altra pronuncia molto importante – la Sez. II 17/02/2020 n. 3846 – che, nel precisare che detta legittimazione attiva non può estendersi anche alla proposizione delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente, relative ai danni subiti dai condomini nei rispettivi immobili di proprietà esclusiva, fa però salva la possibilità di un “mandato rappresentativo” conferito da parte dei singoli condòmini, anche in sede di delibera assembleare: nel dubbio, intendiamo dire, meglio farselo rilasciare.

Visto il dovere, passiamo alle scadenze.

Dobbiamo premettere che, in materia di appalto, le garanzie invocabili previste dalla legge sono due:

– la garanzia prevista dall’art. 1667 c.c., rubricato Difformità e vizi dell’opera, che opera per qualsiasi appalto, ed è la garanzia base: ha durata 2 anni, ed è soggetta ai seguenti termini di decadenza e di prescrizione: L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera … Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta … L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera …;

– la garanzia prevista dall’art. 1669 c.c., rubricato Rovina e difetti di cose immobili, che opera per gli appalti su immobili, ed è una garanzia ulteriore: ha durata 10 anni, ma è soggetta a termini di decadenza e di prescrizione: Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l’opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia”.

Quest’ultima garanzia, decennale, si badi bene, comprende vizi non totalmente impeditivi ma di apprezzabile pregiudizio circa la normale utilizzazione, pure su elementi secondari e accessori (Sez. II 04/10/2018 n. 24230; Sez. II 09/01/2020 n. 187), ed opera non solo relativamente all’appalto dei lavori di originaria edificazione ma anche relativamente all’appalto di lavori di successiva ristrutturazione (S.U. 27/03/2017 n. 7756).

Allora occorre che l’Amministratore, se viene a conoscenza di vizi o difetti delle opere:

– qualora non siano ancora trascorsi due anni dal giorno della consegna dell’opera, si preoccupi di a) effettuare la denuncia dei vizi entro sessanta giorni dalla scoperta; b) promuovere l’azione (o almeno interrompere il termine di prescrizione attraverso una diffida) entro i predetti due anni dal giorno della consegna dell’opera;

– qualora non siano ancora trascorsi dieci anni dal compimento dell’opera, si preoccupi di a) effettuare la denuncia dei vizi entro un anno dalla scoperta; b) promuovere l’azione (o almeno interrompere il termine di prescrizione attraverso una diffida) entro un anno dalla denunzia stessa.

Occhio al calendario !

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